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Letta, avanti così…l’opinione di Rita Faletti

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L’aggressione armata in Ucraina continua con il suo alto tasso di criminalità e ferocia da una parte e l’equivalente tasso di coraggio e determinazione dall’altra. E’ facile e direi istintivo schierarsi con la parte aggredita, purché la coscienza non sia diventata del tutto afona o il relativismo culturale non si sia sostituito al sistema di valori che distingue il bene dal male. Considerazione, questa, che  varrebbe se ci si limitasse a tenere conto dei fatti puri e semplici: le forze armate russe hanno invaso un paese libero e indipendente. In realtà, l’operazione sanguinaria di  deucrainizzazione, che con abilità manipolatoria Putin definisce “denazificazione”, trova sostenitori tra coloro che sono molto più interessati al loro destino politico, camuffato da pacifismo, che al destino degli ucraini. “Armi letali all’Ucraina? No in mio nome” ha protestato Salvini, che si faceva ritrarre spavaldamente in mezzo ai fucili e oggi tenta disperatamente di far dimenticare la passione per Putin e la felpa con il ritratto dello zar che gli è costata l’umiliazione tremenda subita a Przemysl, la cittadina polacca al confine con l’Ucraina, dove il sindaco gli ha detto sul muso: “Non ho rispetto per lei”. Una macchia indelebile sulla reputazione di un leader allo sbando. Pacifismo di maniera anche quello ostentato da un pezzo della sinistra del Partito democratico,  segnatamente degli Orlando dei Provenzano dei Furfaro e delle Boldrini, che “né con l’Ucraina né con la Russia”, e dei compagni duri e puri che dopo una lunga tradizione di ateismo invocano Papa Francesco a ogni piè sospinto. Nella lista dei “né…né” e dei “sì…ma” non mancano gli ambientalisti fasulli e i 5S. Il Grillo-partito guidato da Conte, è di oggi la sua ultima battuta “né con Macron, né con Le Pen”, quindi né con europeisti e atlantisti, né con sovranisti”, il capo senza idee, nel senso di senza idee nel capo, si oppone all’invio di armi a Kyiv, mentre von der Leyen invita i paesi della Ue a fare il contrario e al più presto. Biden dichiara che ogni giorno gli Stati Uniti faranno arrivare armi pesanti al paese amico, il ministro degli Esteri tedesco, la verde Annalena Baerbock, va nella stessa direzione, Boris Johnson fa egregiamente la sua parte e tutto l’Occidente firma compatto il nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia, il sesto. Anche in Italia non manca chi appoggia con convinzione l’Ucraina ed esprime rispetto e ammirazione per il suo leader. Con notevole ritardo, Berlusconi ha parlato di aggressione militare inaccettabile e Giorgia Meloni è andata oltre, affermando che l’invio di armi è giusto, che l’aggressione all’Ucraina è un attacco all’Europa e ai suoi valori democratici e riconoscendo a Zelensky la statura e la lucidità del leader che difende con coraggio e dignità la sovranità della sua nazione. Sulla stessa linea si è mosso Enrico Letta, che da erede e custode dell’alleanza con i grillini, è uscito da quella cerchia di sventura e ha sciolto dai vincoli e tabù populisti il suo partito. Il segretario non ha dubbi sulla guerra ucraina: è una guerra  in Europa e non c’è spazio per elucubrazioni intellettualistiche e ipocrite mistificazioni verbali a favore di Mosca. Letta ha ribadito che l’invio di armi è giusto e Mosca va condannata, tracciando così un solco tra il Pd e il partito di Conte, e preparandosi a un’eventuale frizione, che in politica è presa di coscienza e azione. La conferma dell’emancipazione piddina è stato il sostegno di Letta alla decisione di Gualtieri di dotare la Capitale di un termovalorizzatore. Una mossa efficace contro il partito dei No in difesa di molti futuri sì e l’inizio di un percorso di detossificazione dall’immobilismo cialtrone che aveva offuscato l’identità del Partito democratico.

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