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ll Bertolt Brecht che forse non conoscevi….di Giannino Ruzza

Tempo di lettura: 2 minuti

Brecht, fu indubbiamente uno dei più grandi drammaturghi del xx secolo. Ha lasciato un’eredità che non credo tutti conoscano. Nato ad Augsburg, in Germania, studente di filosofia e medicina, fu perseguitato dal nazismo che lo costrinse in esilio in Inghilterra, Danimarca, Finlandia e Stati Uniti. A soli 20 anni (1918) scrive, Baal, la sua prima opera teatrale. Protagonista è un poeta assassino e bisessuale. Eseguita nel 1923, ebbe un grande successo. Considerato il padre del postmodernismo teatrale, con Baal, inizia il percorso che lo porterà ad essere uno dei migliori drammaturghi del XX secolo. Fu perseguitato e rifiutato in Germania per le sue idee, che non aveva paura di esprimere o tradurre in opera. Dovette fuggire dalla natia Germania da eretico del suo tempo: era comunista ed ebreo. Nonostante fosse riconosciuto un famoso drammaturgo, dopo che Adolf Hitler salì al potere, vide interrotta la rappresentazione della sua opera teatrale, The Taking of Action, con l’intervento della polizia che lo accusava di alto tradimento. Il 28 febbraio 1933 fuggì dalla Germania, dopo l’incendio del Reichstag, per rifugiarsi in Danimarca dove trascorse i successivi 5 anni della sua tormentata vita politica e artistica. L’esilio è stato forse il periodo più difficile della sua esistenza. Tuttavia, questo periodo  consentì a Brecht di raggiunse la piena maturità, in cui diede vita a quattro grandi e importanti drammi, tra questi: La vita di Galileo, Madre Coraggio e i suoi figli, L’anima buona di Szechwan e Lord Puntila e il suo servo Matti. Trasferitosi negli Stati Uniti organizzò alcuni spettacoli teatrali nella maggior parte dei quali trattava rappresentazioni fatte in contesti di immigrati, in cui si manifestava la delusione rispetto alle loro aspettative. Nuovamente perseguitato per le sue idee politiche, il 30 ottobre 1947, fu interrogato dal Comitato per le attività antiamericane. Costretto nuovamente a fuggire, si rifugiò in Svizzera. Lo fece pochi giorni prima della rappresentazione dell’acclamata opera, La vita di Galileo, programmata a New York. In quello che il drammaturgo tedesco era totalmente innovativo era nell’uso che ne faceva e che usava al contrario. Se aveva bisogno di suonare musica allegra nel momento più drammatico dello spettacolo, lo faceva. Voleva far uscire il pubblico dall’alienazione che ogni trama provoca, in modo che potesse fare un’analisi intellettuale di ciò che vedeva. Disse: “Ci sono uomini che un giorno combattono e sono buoni. Ce ne sono altri che combattono per un anno e stanno meglio. Alcuni combattono per molti anni e sono molto bravi. Ma c’è chi combatte per tutta la vita: quelli sono gli essenziali”, questa frase ha fatto il giro del mondo.

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