In Emilia Romagna alle 19 di ieri, l’affluenza alle urne era del 58,82 per cento. Alla stessa ora, nel 2014, alle regionali si era recato a votare il 30,89 per cento degli aventi diritto. Un primo dato, ma significativo, che poteva essere interpretato principalmente come spia della sfida accesa tra Partito democratico e Lega e del fermo proposito, da parte degli elettori del Pd, di non cedere alla destra la regione rossa per eccellenza. Il risultato di oggi (Bonaccini al 51,33 per cento) era nell’aria nei giorni immediatamente precedenti il voto. Sarebbe però una lettura superficiale attribuire al Partito democratico la vittoria di un governatore che ha avuto un ruolo determinante nel portare l’Emilia Romagna ai primi posti per disoccupazione ai minimi, affidabilità delle istituzioni locali, imprese che funzionano, servizi ai cittadini e welfare tra i migliori del Paese. Il merito è solo di Bonaccini che non ha voluto mescolarsi con il Pd in campagna elettorale ritenendo che non avrebbe portato bene. Oggi, scampato il pericolo Salvini, Zingaretti esulta e ostenta grande familiarità con il governatore, che ultimamente “sentiva tutti i giorni”. Ma la fifa era tanta. Perdere l’Emilia Romagna sarebbe stata una sconfitta maggiore per il Pd che per Bonaccini, perché se è vero che la vittoria è tutta del governatore che ha amministrato bene, la sconfitta sarebbe stata imputabile soprattutto al Pd che ha perso lo smalto del passato pur rimanendo il primo partito. Lo testifica la sconfitta di Borgonzoni/Salvini: il 43,76 per cento dei voti è comunque un risultato di tutto rispetto. Ferrara, Parma, Piacenza e Rimini sono della Lega e, nelle campagne, Salvini è imbattibile. Sono passati i tempi in cui il Pci consegnava l’Unità porta a porta e non aveva rivali. C’è poi un elemento da non sottovalutare: le piazze piene di Sardine contro Salvini, senza le quali non è scontato che l’esito sarebbe stato lo stesso. E andiamo in Calabria, dove la situazione è capovolta a favore del centro destra. Jole Santelli ha vinto con il 55,98 per cento lasciando molto indietro Callipo, candidato per il Pd, al 30,25 per cento. Ma chi ha perso davvero e in maniera catastrofica, è stato il moVimento 5s, al 3,45 per cento in Emilia Romagna e al 7,38 in Calabria. Sotto la soglia di sbarramento (8 per cento) e fuori del Consiglio regionale in entrambe le regioni. In prospettiva, gli scenari che si aprono sono molto interessanti e non escludono la possibilità che prima della fine della legislatura si vada a votare. Come ha detto Paolo Mieli, è indecente che il governo Conte, così come si presenta ora, possa eleggere il prossimo presidente della Repubblica. Nel Paese, in base ai sondaggi, il centro sinistra non è maggioranza e con questo deve fare i conti. Rimane un punto interrogativo: cosa farà Renzi? Non è improbabile che forzi il Pd a liberarsi dei grillini più resistenti che sono il vero ostacolo al processo riformista interrotto con il governo gialloverde e in pericolo con quello giallorosso, ma l’unica soluzione possibile ai problemi del Paese. Il posizionamento di Italia viva al centro potrebbe essere rivisto, sempre che il Pd di Zingaretti, in realtà molto debole, non rifiuti di lasciarsi guidare da uno dei pochissimi cavalli di razza del centro sinistra, sempre che l’obiettivo di Renzi “prosciugheremo il Pd” non sia accantonato. blogritafaletti
- 5 Febbraio 2025 -
1 commento su ““M5S soffocati nella scatoletta di tonno” …di Rita Faletti”
Le sardine sono quelli non più disponibi a firmare cambiali in bianco ai politici.
Sono quelli che rifiutano le panzane e le campagne elettorali bestiali.
Chiedono il rispetto delle leggi, a cominciare dai politici, e chiedono di non disperdere il magnifico carattere degli italiani, siamo una nazione solare, dove odio e paura vanno respinti.
In quest’ottica va vista l’alta affluenza al voto.
Nella sconfitta Salvini ci ha messo parecchio di suo, con le citofonate ed il caso Bibbiano ha portato al voto più astensionisti di sx che dx e con il ripetere che il voto era connesso alla tenuta del governo ha portato voti a sx.
I 5S, non essendo un partito strutturato, pagano dazio per la campagna elettorale messa in atto da Salvini. Solo i duri e puri hanno votato per loro.
Renzi è un capitolo a parte, è un progressista? Se lo è non è di sx.
Non recepisce, per dirne due, che proteggere Autostrade o mettersi di traverso alla prescrizione non è il volere degli italiani.
Comunque non gli conviene fare cadere il governo, alla luce dei risultati di queste elezioni avrebbe poche possibilità di diventare il nuovo Craxi.