
“Italia devastata da un forte vento di scirocco”, il nuovo libro di Michele Giardina, in libreria dal prossimo 16 gennaio. Con questo suo nuovo lavoro letterario Giardina tocca quota dieci dal lontano 2003 quando iniziò l’avventura letteraria con “Cronache e riflessioni di un giornalista di provincia” edito da “Itinerarium Edizioni”.
“Con questo mio nuovo e ultimo libro – dice il giornalista pozzallese – conto di tirare i remi in barca dopo avere fatto il possibile, sorretto dalla speranza lapiriana, per spingere la barca del tricolore verso il porto della onestà intellettuale e della libertà di pensiero che è bellezza”.
Il libro si avvale del commento del prof. Domenico Pisana e delle riflessioni della docente universitaria Giuseppina Pavone che pubblicheremo in seguito.
Commento di Domenico Pisana.
Mi fa molto piacere esprimere una nota di commento a quest’ultimo libro di Michele Giardina, che – come lui stesso racconta – nella premessa, ha avuto il suo incipit ispirativo in nostre conversazioni sulla realtà socio-politica del nostro tempo.
Certamente l’atto della scrittura è per Michele Giardina un gesto di coraggio. Egli, infatti, è un giornalista-scrittore che non ha peli sulla lingua e che si pone come obiettivo non il “politicamente corretto”, ma la ricerca della verità.
Avendo letto parecchi suoi apprezzati libri, mi viene di pensare a George Orwell, giornalista, saggista, scrittore e attivista politico britannico tra i più interessanti della prima metà del ‘900, il quale nel suo libro “Romanzi e saggi”, Mondadori, così scrive:
“Il mio punto di partenza è sempre un senso di partigianeria, un senso d’ingiustizia. Quando mi accingo a scrivere un libro io non mi dico: ‘Voglio produrre un’opera d’arte. Lo scrivo perché c’è qualche bugia che voglio smascherare, qualche fatto su cui voglio tirare l’attenzione, e il mio primo pensiero è quello di farmi ascoltare”.
Ebbene, Michele Giardina, anche lui con una esperienza sociale alle spalle, con parecchie pubblicazioni e romanzi al suo attivo, con una militanza giornalistica, lunga e appassionata, in provincia di Ragusa, con questo libro, “Italia devastata da un forte vento di Scirocco”, non ha, a mio avviso, l’intento di produrre un’opera d’arte, ma quello di “smascherare bugie ed ipocrisie”, nonché di prendere le distanze dal “sistema della caste” imperante nel nostro Paese.
E’ lo stesso autore, del resto, a dichiarare apertamente che alla base di questo suo libro c’è una forte dose di indignazione per il modo in cui si sta devastando l’Italia. E leggendo il suo libro e soffermandomi sui temi che egli solleva, la mia memoria mi riporta indietro nel tempo ad uno dei campioni dell’indignazione, lo scrittore della Roma imperiale Giovenale, uno che diceva di sé stesso, di non avere particolare genio artistico e letterario, ma solo tanta rabbia e indignazione.
Si natura negat, facit indignatio versum, scriveva Giovenale. Che grosso modo vuol dire: anche se non sono uno scrittore con un particolare talento naturale, sono così indignato che non posso non scrivere. E di cosa scriveva Giovenale tra il 59 e il 100 d. C ? Più o meno della Roma imperiale corrotta, dei favoritismi e dei parassitismi dell’amministrazione pubblica, dei privilegi degli uomini vicini al potere, della cortigianeria e del ruffianismo e dell’insincerità.
Giovenale vedeva l’estinzione degli antichi privilegi del legittimo cittadino che doveva concorrere con la massa di stranieri che ormai diventavano tutti romani, vedeva la concentrazione del potere nelle mani di pochi e tutte le difficoltà quotidiane della vita in una città ingrandita a tal punto che tutti i valori tradizionali venivano rovesciati.
Anche in Michele Giardina è presente una forte indignazione, egli è una personalità vivace, battagliera, direi irruente ma sempre tendente alla coerenza, che non sempre è cosa facile; è una personalità stimata da molti, ma anche criticata, avversata per “ciò” che scrive e per “come” scrive.
E in questo libro parla dell’attualità più cruda di questo nostro tempo, narra storie che disegnano le coordinate di una realtà umana che fa fatica, sia a livello di macrocosmo che di microcosmo, ad essere libera, vera, autentica, trasparente e lineare.
Giardina scrive di questa nostra società italiana ed europea colpita da un “forte vento di scirocco”, rotta da relazioni distorte e da palesi ingiustizie, piegata all’intrigo di trafficanti di parole, inquinata da ruffiani ed arrivisti, contaminata da ipocrisie, furberie, equivoci, menzogne, e dalla quale l’autore prende le distanze affidando l’impianto noumenico della sua opera a riflessioni mordaci e punzecchianti. E sono riflessioni che scandagliano criticamente ambienti giornalistici, politici, del volontariato, della magistratura, con affondi forti che toccano da vicino, fra l’altro, ricostruzioni riguardanti “Giornalisti Vip e dintorni”, il “Trattato di Dublino”, “il Sovranismo”, “Frontex Triton, Frontex Themis e l’ Operazione Sophia”, l“Unione Europea”, la “Politica Puttana”, il “Progetto ConteLamorgesex”, lo “Scandalo toghe” e il “Sistema Montante”.
Leggendo quel che scrive Michele Giardina, se ne deduce che mai come in questo momento storico, sociale, politico e religioso il male dell’ipocrisia e della doppia morale si sia avvinghiato in quello che l’autore chiama il sistema delle caste, dove – direbbe il buon Sciascia – “nessuno è al di sopra di ogni sospetto”. Non c’è dubbio che questo clima in cui si dispiega il Paese non favorisce la coesione democratica, acuisce la solitudine e lo scontro, germina la doppiezza sociale, porta all’immobilismo; e allora – sembra dirci lo scrittore pozzallese – non è più questione di centrodestra o centrosinistra, di maggioranza né di opposizione o di alternanze politiche, né di “partito dell’amore” e di “partito dell’odio”, ma di caduta generale del senso etico della vita, caduta che coinvolge anzitutto i poteri dello stato e le istituzioni, divenute vere e proprie caste, con livelli diversi di responsabilità e di rinuncia collettiva alla ricerca della verità. Rinuncia alla quale Michele Giardina, giornalista e scrittore francu ri naca come lui si definisce, non ha invece ceduto, tant’é che scrive: Mi piace raccontare. Volare senza ali. Mantenendomi a quota umana. Confessarmi. Lavarmi l’anima.
E sfogliando le pagine di questo suo nuovo libro si vede con chiarezza che egli si sforza nella sua narrazione di essere veritiero, cercando – come direbbe il filosofo Spinoza – né di piangere né di ridere ma di “intelligere”, cioè leggere dentro la realtà e i fatti della società e della la storia per tentare di capirli. Quella verità che egli stesso ricerca con umiltà e passione stigmatizzando quei comportamenti non solo contraddittori ma mossi consapevolmente da intenti menzogneri e finalizzati ad assolutizzare o a ridurre, a deformare, nascondere, commentare faziosamente le cose da dire, operando così una palese lesione della dignità della persona e della qualità della vita sociale.
Auguro all’amico Michele Giardina di trovare lettori attenti, liberi da qualsivoglia pregiudizio, così da aprire con loro un dialogo verace, onesto e leale su questo nostro “Paese bello e incantevole, perennemente in difficoltà”.
Domenico Pisana