Fino a qualche anno fa, la (ETS) stimolazione elettrica transcranica, sembrava aver aperto le porte dell’Eden. Tale forma di stimolazione con le sue innovative applicazioni tecnologiche nel campo medico, ha gettato in pochi decenni le basi per una nuova e sorprendente ricerca nell’ambito della clinica neuro-fisiologica, affascinando studiosi e utilizzatori di questo metodo. Agire, condizionare e manipolare positivamente l’encefalo e i sistemi neuronali collegati, sfruttando la capacita elettrica neuronale stessa,sembrava un iter senza intoppi. L’idea vincente era quella di inserirsi sul SNC in modo non invasivo “ senza bisturi”, senza cioè procedure cruente e soprattutto senza effetti collaterali che vengono invece provocati dalle terapie convenzionali, con reazioni d’ intolleranza all’introduzione di farmaci di sintesi. Con la (ETS) in pratica si va a monte sull’attività neuronale, si agisce sui neurotrasmettitori che i neuroni stessi usano per passarsi informazioni l’un l’altro. I neurotrasmettitori ( ce ne sono di diversa natura chimica) vengono rilasciati a livello delle sinapsi (le unità di congiunzione fra i vari neuroni) e attivano una risposta eccitatoria o inibitoria nel neurone “ posto a valle”. Per far ciò però il neurone “posto a monte” deveessere sottoposto ad una “ depolarizzazione” elettrica di membrana ( una corrente che induce), cioè in parole semplici: deve cambiare la propria carica elettrica sulla membrana. Da questo studio elettrofisiologico è scaturita l’idea della stimolazione elettrica cerebrale. Se applichiamo sulla testa del paziente alcuni elettrodi simili a quelli impiegati nell’elettroencefalografia (l’EEG ricordiamo registra il segnale cerebrale) ed inviamo gli impulsi elettrici di corrente a bassa intensità, potremo ottenere l’applicazione diretta del principio attivo sui neuroni in maniera molto selettiva , cioè arriveremo solo sulle aree che ci interessa stimolare. Il metodo si è rivelato semplice, economico e privo di effetti collaterali. Immediatamente, in pochissimi anni, si è moltiplicato il range delle possibili applicazioni. L’affidamento delle metodiche è risultato talmente ampio, che tanti di gruppi di ricerca fondazioni, ospedali ed università ( privati e pubblici), l’hanno utilizzato per il sia per la ricerca , che per il trattamento di molti disturbi in diverse patologie. Alcuni gruppi di studio invece, si sono concentrati sulle capacità incrementarli conoscitive, sulle capacità della memoria ( anche su individui sani) e sulle capacità di miglior reclutamento dei motoneuroni e dei fasci muscolari negli sportivi.In campo terapeutico, sono stati incrementati molti protocolli specifici e tutti sulla base neuro-fisiologica della ETS.Applicazioni multiple sono arrivate ” a pioggia” : sul dolore cronico, sul morbo di Parkinson, sui disturbi epilettici, su quelli psicotici e comportamentali, sulla depressione, sulla cura dialcuni deficit motori e perfino sulle dipendenze da sostanze stupefacenti . Alcune università e fondazioni hanno approntato ricerche specifiche per il trattamento selettivo di alcuni sintomi dell’ictus, sul grave disturbo dell’attenzione visuo-spaziale, sull’afasia e sulle applicazioni dirette del morbo di Alzheimer. Applicazioni importanti ci sono state anche nell’ ambito dell’accrescimento cognitivo, mentre alcuni gruppi di ricerca si sono concentrati su particolari studi dell’applicazione ETS per il miglioramento della memoria( ricordate il famoso Brainmost ?) con particolare riferimento alle abilità nel campo matematico e, come detto prima, in ambito sportivo con studi sui tempi di reclutamentoe sui percorsi di stimolazione – reazione dei motoneuroni.
Nel 2018 però sono iniziati ad arrivare i primi interrogati edi primi problemi sull’applicazione scientifica della innovativa tecnica ETS. La prima domanda che alcuni studiosi scettici si sono posti è stata: per la stimolazione elettrica cerebrale c’è abbastanza corrente disponibile? La seconda: se applichiamo più corrente per arrivare in profondità, corriamo rischi di danneggiare strutture sensibili?
Cerchiamo di vedere come stanno realmente i fatti. Partiamo dalla prima domanda. Nel profondo della comunità scientifica oggi iniziano a sorgere seri dubbi riguardo la validità della stimolazione elettrica cerebrale. Le incertezze provengono dalla natura stessa della ETS. ln realtà i meccanismi d’azione con cui ETS dovrebbe agire sul SNC non sono ancora chiari del tutto. GyörgyBuzsáki (professore di neuroscienze presso la School of Medicine della New York University) insieme a i suoi collaboratori, ha voluto intraprendere un eccellente lavoro pubblicato già nel 2018, sulla rivista Nature Communications. Il dubbio che ha attanagliato la mente dei ricercatori per anni è basato sulla difficoltà reale della misurazione certa alle risposte neuronali datedalla stimolazione elettrica cerebrale transcranica indotta in forma diciamo “non invasiva” ,cioè senza spingersi all’interno della scatola cranica. Per tale motivo il gruppo di ricerca ha impiantato diversi elettrodi nel cranio di alcune cavie (ratti),riuscendo realmente a valutare quantitativamente per la prima volta in assoluto, l’attività cerebrale in risposta all’applicazione della classica corrente diETS. A quel punto, occorreva una sperimentazione sull’essere umano. Chiaramente era impossibile operare una craniotomia per l’impiantare elettrodi sottocorticali, pur trovando anche un possibile volontario. AlloraBuzáki e collab. hanno pensato bene di effettuare ogni esperimento possibile su cadavere. E lì è venuta fuori una scoperta sensazionale : il campo elettrico minimo per poter generare un’attivazione neurale efficace e modificare i ritmi cerebrali è di almeno 4-6 milliampere, che corrisponde quasi al doppio delle correnti solitamente applicate con la ETS. E qui lo studio risponde in sostanza anche alla seconda domanda posta. Valori così alti infatti potrebbero causare gravi effetti collaterali: la corrente elettrica penetrerebbe nei tessuti molli come occhi, orecchie e nervi facciali, la cui resistenza è minore rispetto al tessuto osseo craniale. Di contro, in un protocollo ordinario di ETS infatti , le correnti elettriche applicate sono dell’ampiezza di 1-2 milliampere, un potenziale troppo basso per generare una probabile azione depolarizzante nei neuroni della corteccia telencefalica. Su questa linea di ragionamento, l’attività post sinaptica ,ovvero quella dei neuroni “destinatari d’impulso”, con tali correnti basse,non riuscirebbe realmente ad intervenire positivamente sul cambiamento di eccitabilità di membrana. Probabilmente, secondo gli autori dello studio, ragionando nell’idea di una esposizione a lungo termine, la ETS finirebbe alla fine a modificare circuiti cerebrali anche molto complessi, spesso implicati in diversi comportamentipatologici alterati da traumi o malattie varie. Illavoro di Buzsáki è stato impernato su oltre 400 casi trattati con ETS (anche persone sane), ed insinua alla fine un forte dubbio sulle possibilità terapeutiche di tale metodica, mettendo sul piatto della bilancia una serie di analisi scientifiche indicanti che l’effetto benefico di alcune terapieper una piccola parte, potrebbe essere dovuto a un marcato effetto placebo da parte di chi si sottopone volontariamente a questa innovativa metodica, e dall’altra parte invece sarebbe dovuto ad una vera azione del potenziale elettrico ma su altri elementi presenti nel sistema nervoso centrale come nervi o cellule della glia. Allo stato attuale ladiscussione scientifica si è fatta più chemai rovente, lasciando aperteper il futuro infinite possibilità di ricerca ancora inesplorate, esattamente come sono inesplorati i meandri più oscuri del nostro cervello.