Ogni giorno si sentono e si vedono notizie da tutto il mondo, alcune belle e altre meno. In pochi secondi una notizia giunge a tutto il globo, questa è l’era del click, del condividi, del commenta e delle emozioni banali, dove si vive l’irreale scambiandolo per reale. Si vive in una società che rischia guerre di continuo; pur avendo tutte le carte in regola per poter garantire la pace e la promozione dei popoli, prendendo spunto dagli esempi del passato, preferisce rifugiarsi e pungere l’altro con un hashtag o un post.
L’uomo del XXI secolo è quello più connesso di sempre, non si separa mai dal proprio smartphone, ovunque è possibile trovare una connessione più o meno veloce, ma nonostante tutto la perdita di umanità, è sempre dietro l’angolo. Tutti sono collegati, ma il collegamento più importante: quello con il Creatore è alle corde. L’uomo è qui sulla terra per creare relazioni, per amare il mondo e per renderlo sempre più qualcosa di grande e di bello per le generazioni future, ma a causa degli interessi personali: «l’umanità è giunta allo stretto più angusto della sua storia, senza alcuna possibilità di evitare il dilemma tra pace totale e assoluta catastrofe». (A.J. Heschel, Grandezza morale e audacia di spirito. Saggi, ECIG, Genova 2000, 57).
L’era atomica, vissuta fino a qualche anno fa e oggi sostituita dall’era di internet, vedeva il rischio di una guerra globale e nucleare sempre dietro l’angolo. La fine del mondo poteva entrare in scena in poco tempo, da qualsiasi punto remoto del pianeta; tutto questo oggi non è cambiato, si continua a vivere con ansia e trepidazione, sotto la minaccia del male.
L’uomo comune, il guerrafondaio, il pacifista, il politico, chiunque era consapevole del pericolo imminente, e aveva paura di quello che poteva succedere e si esponeva per la pace e il dialogo tra i popoli. L’obiettivo di questi era la creazione di ponti, innescare processi virtuosi volti al disarmo generale, e garantire la fioritura millenaria della civiltà umana e il suo esistere per altri mille anni.
Giorgio La Pira, in una conferenza del 1966, riporta un discorso di Kennedy, definito importante per la concezione storica e politica di quest’ultimo, che sprona il lettore all’impegno civile per un futuro migliore: «noi saremo ricordati come la generazione che ha trasformato questo pianeta in un rogo fiammeggiante o come la generazione che ha realizzato il suo voto di salvare le generazioni future dal flagello della guerra».( G. La Pira, Unità disarmo e pace, 67-68).
Oggi rispetto a 50-60 anni fa la situazione non è cambiata molto, la terra viene continuamente maltrattata, a causa di politiche volte agli interessi nazionali dove la scusa è la difesa, a discapito di popolazioni indifese. Le proposte riguardo al disarmo, in cui si invitavano i grandi governi a convertire le proprie spese in favore di politiche di pace e di promozione sociale, sono state accettate come passo importante per la crescita ma il più delle volte sono state disattese. La situazione attuale è ancora su un «crinale apocalittico», e l’uomo rimane l’attore principale, l’unico in grado di risolvere questi dilemmi.
Il crinale apocalittico descrive la grave situazione in cui versava la terra, e ancora oggi versa, da un lato l’imminenza di una grande guerra nucleare che avrebbe portato la morte e la distruzione dell’intero pianeta, e dall’altra la possibilità di una pace che avrebbe garantito la fioritura millenaria della civiltà umana nel pianeta. Giorgio La Pira definiva entrambe le situazioni inevitabili, e che una terza via non era possibile, per questo bisognava fare la scelta più giusta. La guerra nucleare fu scongiurata in quel periodo anche grazie all’impegno e all’azione di persone straordinarie, che hanno fatto proprio il bisogno di benessere dell’umanità.
Oggi il pericolo di guerre è sempre dietro l’angolo, si va da quelle atomiche a quelle chimiche, ma ci anche sono guerre più subdole, quelle economiche frutto dell’opulenza. La paura dello straniero è l’alimento costante in qualunque discorso politico, così l’occidente rischia di dimenticare il suo essere uomo e creatura. Per questo c’è bisogno di ritrovare se stessi, le proprie radici, le proprie origini. L’uomo non deve avere paura dell’altro, perché la vita umana è sacra. Si è chiamati alla socialità e alla relazione con gli altri. La prima relazione che l’uomo è chiamato a vivere è quella con Dio, con il suo Creatore. L’obiettivo di ogni società non è la promozione della senso patriottico, ma la promozione integrale dell’uomo.
Pertanto, spetta ad ogni uomo contribuire al genere umano, non solo ai grandi della terra. Ogni uomo può combattere spes contra spem, tutti gli esseri umani sono chiamati alla socialità, cioè al progresso dell’umanità attraverso lo sviluppo integrale dell’uomo e lo sviluppo solidale dell’umanità, conducendo «l’umanità al porto della sua pace millenaria e della sua millenaria fioritura» (G. La Pira, Unità disarmo e pace, 15), perché la pace è una sfida molto importante per l’umanità, la pace è un compito non delegabile, ogni coscienza deve contribuire alla sua realizzazione.
L’umanità oggi è chiamata ad usare l’unica arma possibile: la speranza, la quale permette di realizzare comunità a misura di sguardo. L’uomo di qualsiasi cultura, fede o nazione sa benissimo di essere un custode di passaggio su questa terra. Infatti, c’è bisogno di una riflessione sull’uomo, in particolare sulla sua vocazione sociale, cioè sul suo essere una creatura che vive in una comunità senza confini. Riflettere sull’uomo è l’unica via per giungere allo sviluppo integrale, in cui certamente regnerà la pace e non la guerra. La promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo non è una utopia, è la realtà che la creatura è chiamata a realizzare perché quotidianamente ogni uomo ama, soffre, spera e agisce.
L’uomo è stato creato per abitare e governare la terra, certamente non per distruggerla, è suo compito togliere la tenda del terrore «e piantare in essa – a servizio dei popoli del terzo mondo e di tutti i popoli della terra – la tenda della pace!» (G. La Pira, Unità disarmo e pace, 160).
Urge dunque oggi, come ieri e per il prossimo futuro, un cambiamento di rotta che coinvolge l’intera umanità per far attraccare la nave degli uomini in un porto sicuro, nonostante l’occidente opulente pensa ai suoi interessi a discapito delle popolazioni svantaggiate. Bisogna aprirsi alla vita e all’essere una popolazione mondiale, perché «la terra è data a tutti, e non solamente ai ricchi». (Paolo VI, Populorum progressio).
- 27 Dicembre 2024 -