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Israele. Si ricorda nel mondo la solenne ricorrenza Yom HaShoah

Tempo di lettura: 2 minuti

Appreso che il premier Netanyahu non si recherà al funerale di Papa Francesco, le comunità ebraiche nel mondo si apprestano a celebrare Yom HaShoah (da questa sera alla sera di domani 24 aprile), il giorno che nel calendario ebraico segna il ricordo del genocidio ebraico. Una ricorrenza aperta dalla solenne cerimonia ufficiale allo Yad Vashem di Gerusalemme, dove, come ogni anno, sei sopravvissuti alla Shoah accenderanno le torce della memoria.
Ognuno di loro porta una storia precisa, fatta di fughe, nascondigli, deportazioni, perdita e resistenza. In comune hanno un’infanzia spezzata e la capacità, dopo la guerra, di ricostruirsi una vita in Israele.

Le testimonianze dei sopravvissuti

Monika Barzel, nata a Berlino nel 1937, trascorse l’infanzia tra le corsie dell’ospedale ebraico dove lavorava sua madre. Era il 1943 quando fu inserita in una lista di deportazione per Auschwitz. Salì sul treno, ma poco dopo fu fatta scendere. Non ha mai saputo il perché. Rimase in ospedale fino alla liberazione, senza scuola, senza altri bambini, senza scarpe per affrontare l’inverno. Anni dopo si trasferì in Israele, dove lavorò come dentista fino a 70 anni.
Dalla Germania alla Polonia occupata, la storia di Arie Durst, classe 1933 inizia a Leopoli, dove si nascose nel seminterrato della casa dell’ex bambinaia durante le retate. Suo fratello Marian, che viveva con uno zio sotto falso nome, fu catturato e ucciso. Arie e sua madre si finsero cattolici a Varsavia, ma furono scoperti e deportati. Riuscirono a fuggire da un treno diretto al lager di Pruszków. Dopo la guerra, Arie si trasferì in Israele, imparò da solo a leggere e scrivere per poi diventare da adulto un chirurgo e fondare la prima unità trapianti del paese.
Felix Sorin, nato a Mogilev (Bielorussia) nel 1932, aveva nove anni quando rimase solo. Con l’invasione nazista dell’Unione Sovietica, la famiglia fuggì verso est, ma nel caos Felix perse di vista i genitori, rimanendo solo a vagare in cerca di aiuto. Arrivò a Minsk dove fu rinchiuso nel ghetto e assistette all’uccisione di ebrei. Quando fu arrestato, si finse un orfano russo, negando la sua identità ebraica, e fu mandato in un orfanotrofio. Un giorno fu convocato da una commissione che sospettava le sue origine. Un funzionario, Vasily Orlov, lo difese e alla fine non fu denunciato. Orlov è oggi riconosciuto come Giusto tra le Nazioni.
Rachel Katz, nata ad Anversa nel 1937, fu salvata da chi decise di resistere alla barbarie nazifascista. Dopo la deportazione del padre, ucciso ad Auschwitz, una vicina, Maria Lubben, procurò documenti falsi e nascose lei e i suoi fratelli in un convento. Quando la Gestapo si avvicinò, li riportò dalla madre. Vissero nascosti fino alla liberazione del Belgio. In Israele Rachel è diventata una figura centrale nell’assistenza ai sopravvissuti, in particolare quelli originari del Nord Africa.
Regione in cui era nato, nel 1931, Gad Fartouk. Cresciuto in una famiglia religiosa di Nabeul, in Tunisia, vide cambiare tutto quando, nel novembre del 1942, la Germania nazista occupò il paese. Una sera, durante lo Shabbat, due poliziotti bussarono alla porta e suo padre fu convocato alla stazione di polizia. Fece ritorno solo un anno dopo, quando i nazisti furono costretti a lasciare la Tunisia. Nel mentre la madre di Gad morì e lui rimase nascosto assieme ai suoi fratelli, rovistando tra la spazzatura per cercare cibo e arrangiandosi per sopravvivere. Finita la guerra e nato lo stato d’Israele, Fartouk partì a bordo di un peschereccio italiano e raggiunge le coste dello stato ebraico, dove contribuì a fondare il kibbutz Karmia.
A chiudere la cerimonia di accensione dei lumi di Yad Vashem sarà Arie Reiter, nato nel 1929 a Vaslui, in Romania. Suo padre fu deportato in un campo di lavoro e ucciso nel 1943. L’anno dopo, Arie fu inviato in un campo minorile a Runcu, dove lavorava alla costruzione di un ponte nella foresta e dormiva su una panca di legno, al freddo e affamato. Alla liberazione, pesava 30 chili. Tornò a casa a piedi nudi, percorrendo 80 chilometri sotto i bombardamenti. Nel dopoguerra si unì al movimento giovanile sionista e riuscì a far partire i suoi due fratelli per Israele. Lui restò per aiutare altri giovani a emigrare e raggiunse la famiglia a Be’er Sheva nel 1951.

pe/gr

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1 commento su “Israele. Si ricorda nel mondo la solenne ricorrenza Yom HaShoah”

  1. Appreso anche che non sono arrivati messaggi da nethanyahu per la morte del papa, anzi, sono stati pubblicati e subito cancellati, probabilmente perché aveva giustamente espresso la verità su Gaza.

    O appreso che hanno impedito ai cristiani a Pasqua, aggredendo anche bambini e puntando le armi, di accedere alla Chiesa del Santo Sepolcro, ed impedendo pure l’ingresso del nunzio apostolico.

    6 mila permessi ‘concessi’ per 50.000 richieste. Ma chi sono e che potere hanno per impedire l’ingresso ai cristiani nei luoghi santi del cristianesimo?

    O al video che hanno pubblicato dove si simula la distruzione della moschea e la ricostruzione del terzo tempio.

    O alle continue e crescenti persecuzioni contro I cristiani che vengono commesse in Terra Santa.

    Oppure appreso che a poca distanza la gente soffre a causa loro la fame, oltre a tutto il resto.

    O al massacro dei cristiani in Siria, taciuto da tutti, grazie a chi festeggiava l’arrivo di un tagliagole.

    Pensiamo a questi, di fatti, non a rimembrare avvenimenti in Italia per i quali non siamo responsabili al contrario di quanto invece avviene oggi in Terra Santa.

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