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Haiti. Si salvi chi può…di Giannino Ruzza

Tempo di lettura: 2 minuti

foto: DL

Nulla di nuovo, in fatto di disgrazie e violenza, sotto il sole caraibico. Ormai niente diventa più una novità ad Haiti. Non lo è di certo l’escalation della violenza intensificatasi  drammaticamente negli ultimi mesi e anni. L’ultimo posto al mondo dove uno sceglierebbe di vivere. L’ennesimo episodio riguarda  l’assalto perpetrato da un gruppo criminale noto come Viv Ansanm nel distretto di Delmas 19, a Port-au-Prince. Nella loro missione distruttiva i malviventi hanno saccheggiato e incendiato le strutture del canale televisivo Télé Pluriel, portando via le attrezzature prima di distruggere l’edificio. Questo evento è parte di una serie di violenze mirate contro i media haitiani, incluso l’ attacco recente alla Radio Televisión del Caribe, il maggiore gruppo mediatico del paese. Télé Pluriel ha denunciato pubblicamente l’accaduto attraverso un comunicato pubblicato sul suo sito web, criticando l’apparente mancanza di intervento da parte delle autorità haitiane per contrastare l’insicurezza crescente nel paese. Questo riflette un contesto più ampio di instabilità e violenza che sta affliggendo Haiti, dove gruppi armati agiscono spesso impunemente, controllando ampie zone del territorio. Nonostante le condanne ufficiali, inclusa quella del primo ministro ad interim Alix Didier Fils-Aimé, le azioni intraprese sono del tutto insufficienti per calmare le preoccupazioni della popolazione che evidenzia come questo episodio sia emblematico della grave crisi di sicurezza e della sfiducia nelle istituzioni, predominante nella nazione caraibica.

Il gruppo Viv Ansanm,

In creolo haitiano il nome significa “Vivere insieme”. Si tratta di un’alleanza di bande armate formata nel 2023 nella capitale Port-au-Prince. Questa coalizione è nata dall’unione di due principali fazioni rivali, G-9 e G-Pèp, con l’obiettivo dichiarato di proteggere i civili e stabilizzare le aree sotto il loro controllo. Tuttavia, la loro presenza ha portato a un aumento della violenza e a una crisi umanitaria senza precedenti, con oltre l’80 per cento della capitale sotto il loro dominio.

Il dramma della crisi umanitaria

La popolazione di Haiti sta affrontando una crisi umanitaria senza precedenti, aggravata da violenze diffuse, instabilità politica e povertà estrema. Negli ultimi mesi, oltre un milione di persone sono state costrette a lasciare le proprie case a causa della crescente violenza delle bande armate, che controllano gran parte della capitale, Port-au-Prince. Questi gruppi non solo terrorizzano la popolazione con rapimenti e omicidi, ma hanno anche preso il controllo di scuole, ospedali e altre infrastrutture essenziali. La situazione è ulteriormente complicata dalla scarsità di risorse umanitarie. Molte famiglie sfollate vivono in condizioni precarie, senza accesso adeguato a cibo, acqua e assistenza sanitaria. Inoltre, la violenza sessuale è in aumento, utilizzata come strumento di controllo da parte delle bande. Nonostante gli sforzi delle organizzazioni internazionali per fornire aiuti e supporto, la crisi continua a peggiorare, con un finanziamento umanitario che copre solo una minima parte delle necessità. La comunità internazionale è chiamata a intervenire con urgenza per evitare un ulteriore deterioramento della situazione.

L’ONU: troppe armi illegali,  abusi e violenze

Secondo l’Alto Commissario Volker Türk, il 92 per cento delle vittime è stato preso di mira dalle armi da fuoco circolanti ad Haiti, che sono sempre più sofisticate e stimate tra  le 270.000 e le 500.000 unità. Secondo Volker la maggior parte dei crimini sono stati commessi con armi che arrivano illegalmente dall’estero, nonostante l’embargo sulle armi imposto dal Consiglio di sicurezza dell’ONU. Ha inoltre sottolineato che per contenere l’ondata di violenza ad Haiti, è essenziale fermare il flusso di armi illegali. Domanda: perché l’Onu non si è mai adoperata per farlo? A meno che  sull’isola non vengano affrontati i fattori che perpetuano il caos, “qualsiasi progresso – ha ribadito Volker – in termini di sicurezza e stabilità sarà temporaneo”. In un rapporto presentato dall’Ufficio per i diritti umani avverte inoltre che l’uso della violenza sessuale è aumentato in modo allarmante ad Haiti, con casi di stupro di gruppo e sfruttamento sessuale da parte di bande.

Il Governo ad interim

All’inizio del 2024, un’ondata di attacchi a scuole e ospedali ha portato l’allora primo ministro Ariel Henry a dimettersi. Henry era entrato in carica nel 2021 in seguito all’assassinio del presidente Jovenel Moise ucciso da una banda di sicari colombiani nella sua residenza ufficiale. Nel bel mezzo della crisi, è stato istituito un Consiglio presidenziale di transizione con l’obiettivo di pacificare il paese e organizzare le elezioni, le prime in un decennio. Tuttavia, gli sforzi per ristabilire l’ordine sono stati insufficienti e le bande criminali continuano a controllare vaste aree del territorio haitiano. Attualmente, una missione multinazionale sostenuta dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite opera nel paese con lo scopo di affrontare la violenza delle bande. Ad oggi, però, questo intervento si è dimostrato del tutto inefficace nel frenare le attività dei gruppi armati, sempre più potenti e organizzati. Il primo ministro ad interim Alix Didier Fils-Aimé ha condannato gli atti di violenza e ha assicurato che non rimarranno impuniti. Tuttavia, le dichiarazioni non sono bastate a calmare la preoccupazione dei cittadini, che si trovano ad affrontare un’ondata di crimini e attacchi perpetrati da bande armate sempre più spietate e incontrollate.

 

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