Il secondo articolo del Titolo III, “Parte Prima”, del nostro “Statuto” concerne la retribuzione, le ferie e il riposo lavorativo.
Composto da tre commi, al primo statuisce che: “il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”. Tale comma sancisce il principio della giusta retribuzione, secondo il quale lo stipendio non deve essere un mezzo di “mortificazione” delle persone, né un premio, ma il giusto compenso per ciò che è stato svolto. La norma non prevede quale retribuzione debba essere corrisposta al prestatore di lavoro, lasciando alla legislazione ordinaria il compito di provvedervi, secondo i parametri della proporzionalità e della sufficienza. Per quanto riguarda il primo parametro, quello della proporzionalità, esso è legato alla funzione corrispettiva, e più propriamente al sinallagma contrattuale (cioè il rapporto tra prestazione e controprestazione), in cui si sottolinea la necessaria proporzione tra la qualità e la quantità di lavoro svolto. Sulla sufficienza, espressione della funzione sociale della retribuzione, si indica la misura minima del compenso, che deve rispettare i canoni della libertà e dignità non solo del lavoratore, bensì anche della sua famiglia. La legge, però, non ha mai fissato il minimo salariale, lasciando tale compito ai contratti collettivi nazionali di lavoro. La stipula dei contratti collettivi non è obbligatoria, difatti esistono settori in cui non è applicabile nessun contratto collettivo, lasciando un’ampia lacuna all’interno del nostro ordinamento, dato che in alcuni ambiti non è prevista una forma di salario minimo.
Il primo capoverso dell’art. 36 Cost. si occupa della durata della giornata lavorativa, prevedendo: “la durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge”. Viene, pertanto, prevista una riserva di legge per determinare la durata massima della giornata lavorativa. La legge n. 196/1997, seguendo le linee guida tracciate dalla prassi della contrattazione collettiva, ha posto un tetto massimo all’orario di lavoro in 40 ore settimanali ed in 8 ore giornaliere. In passato, negli ordinamenti autoritari, mancava un tetto all’orario lavorativo e ciò rendeva possibile lo sfruttamento dei lavoratori.
“Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”. Il terzo comma dell’articolo 36, nella sua brevità, sancisce dei diritti irrinunciabili, visto che il riposo rappresenta una condizione indispensabile per l’uomo. Il diritto al giorno di riposo settimanale (coincidente di norma, ma non necessariamente, con la domenica) ed il diritto alle ferie (secondo le esigenze del dipendente in relazione alla produttività aziendale), vengono previsti allo scopo di valorizzare la persona umana, dando la possibilità al prestatore di lavoro di realizzare la propria persona anche in relazione ai suoi interessi ed ai suoi rapporti familiari.
La ratio legis dell’articolo esaminato tende a tutelare il lavoratore, essendo la parte debole del rapporto contrattuale, predisponendo una serie di garanzie irrinunciabili.
- 6 Novembre 2024 -