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Primo luglio 2014, Pozzallo. Per non dimenticare

Tempo di lettura: 2 minuti

Primo luglio 2014. L’avviso, la sera prima, di un barcone con tantissimi morti a bordo. Forse, a memoria di chi ha scritto tantissimi articoli da Pozzallo, una delle più grandi tragedie che la città di Pozzallo abbia visto. 45 persone muoiono, si saprà a tarda serata, per le inalazioni dei fumi di gente stipata nella cambusa del barcone. Arrivano al porto commerciale di Pozzallo tutte le televisioni nazionali, con dirette su Canale 5, Raiuno e Rainews24. Anche le edizioni serali dei telegiornali aprirono con la tragedia di Pozzallo. Ricordo ogni singolo momento di quel pomeriggio. Alle 16, alcuni dipendenti del Pronto Soccorso si calarono all’interno della stiva. L’odore di morte che si era diffuso all’interno di quel piccolo spazio parlava dell’ennesima traversata dove gente disperata scappava da guerra e fame. Piano piano risalivano tutti. Quarantacinque uomini, tutti morti. Erano finiti lì sotto perché avevano pagato poco o non avevano pagato per niente. A differenza di chi stava all’aria aperta, quelli che avevano offerto una somma in denaro dignitosa. Erano 566 le persone sopravvissute, in buona parte ignare di quanto stava accadendo sotto i loro piedi, che impedivano l’uscita di quei 45 ragazzi. Le salme furono poi portate in una sala frigorifera di Pozzallo, messa a disposizione dalla Protezione civile della Provincia di Ragusa. I due medici legali incaricati dalla Procura avviarono i rilievi autoptici esterni, e poi eseguirono le autopsie. Le vittime erano in un peschereccio dove sono state fatte salire più di 500 persone, più del doppio di quelle che poteva contenere. I migranti furono trovati nella sala ghiacciaia, dove morirono, si ipotizzò ai tempi, per schiacciamento e asfissia.
“Mai vista tanta gente in così poco spazio”. Fu la frase più riferita durante le operazioni di prelievo. Disperazione e lacrime. Vincenzo Morello, medico Usmaf che partecipò a quell’intervento e che incontriamo sempre in quella banchina che accoglie i vivi. “Non mi capitò prima e non mi capitò più – mi disse quel giorno Morello – di vivere un’esperienza come quella. Ricordo uno dei ragazzi morti, uno in particolare. Aveva la bocca, le labbra attaccate a una fessura del legno, come per cercare l’aria, l’ultimo respiro”.
Un giornalista americano, Daniel Gordon della Bbc, scrisse di questa storia e una donna architetto di Brooklyn, leggendola, lo contattò. Lei aveva messo a disposizione 200mila dollari per trasferire quella barca in America, al museo dell’Immigrazione di New York, perché restasse a ricordo di quanto accaduto, perché nessuno dimenticasse. Il barcone, di stanza presso la banchina commerciale di Pozzallo per molto tempo, fu successivamente distrutto.
I lavori per recuperare tutti quei corpi finirono all’alba del 2 luglio, con il personale dei Vigili del Fuoco, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia costantemente sul posto in questa ideale staffetta, coadiuvato dall’eccellente lavoro del comandante della Capitaneria di Pozzallo, Francesco Pantano, e dai suoi uomini. Con la presenza del sindaco di allora, Luigi Ammatuna, sulla banchina commerciale al fine di constatare che tutto procedesse nel migliore dei modi.
Ad oggi, primo giorno di luglio, anno di grazia 2024, sono trascorsi dieci anni. Dispiace davvero che nessuna riga sia stata scritta da qualche organo competente. Nessuno a ricordare quel tragico evento che richiama immigrati, viaggi della speranza, morte. Mi perdonerete lo sfogo, ma il silenzio assordante di quella tragedia equivale ad una seconda morte.

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2 commenti su “Primo luglio 2014, Pozzallo. Per non dimenticare”

  1. Onestamente non lo ricordavo questo drammatico evento.
    Bene è ricordare per non dimenticare, per non dimenticare che mai che dietro queste tragedie c’è chi ci guadagna e non ha nessuno interesse che ciò finisca .
    Chi potrebbe è non fa niente ha la stessa responsabilità di chi traffica esseri umani .

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