In Russia il 17 marzo sarà giorno di elezioni. Una formalità dall’esito scontato: con il 90 per cento dei voti Putin sbaraglierà gli avversari, quelli in galera o sconfinati in mezzo ai ghiacciai del Polo, come Navalny, e quelli esclusi per errori procedurali (?!) come la giornalista Ekaterina Duntsova che fonderà un suo partito “Pace, libertà, democrazia”. Un encomio al coraggio e mille auguri! Prima di comunicare l’intenzione di ricandidarsi, tenendo tutti col fiato sospeso, Putin ha ripreso a muoversi fuori dai confini della Federazione per uscire dall’isolamento e farsi un po’ di pubblicità dimostrando che del mandato di arresto internazionale si fa due baffi. Poi, a margine della cerimonia per la celebrazione della Giornata degli eroi, il presidente del parlamento della repubblica popolare di Donetsk, gli ha finalmente estorto il “Sì”. Una farsa con messaggio rassicurante rivolto ai suoi fan vicini e lontani: ci sarò fino al 2030. Possiamo dunque stare tranquilli sulla stabilità politica della Federazione russa e sul primato della violenza sul diritto sancito dal suo leader. Che promette: “Spazzeremo via il nemico”, dopo o prima aver anche detto di essere pronto a fermare la guerra, ma alle sue condizioni. Un tourbillon di dichiarazioni baldanzose sull’arsenale bellico russo più potente e avanzato al mondo, di parole sprezzanti sull’Ucraina a corto di armi, di minacce apocalittiche al suo alleato occidentale, di ceri accesi e fervide preghiere all’Onnipotente affinché l’aspirante despota a stelle e strisce conquisti la Casa Bianca. Perché, non nascondiamocelo, il soverchiante materiale bellico e umano, rabboccato con frequenza per le alte perdite, in due anni di guerra feroce non ha regalato al bullo del Cremlino che deludenti risultati. Missili e bombe martellano senza soluzione di continuità obiettivi civili e infrastrutture per terrorizzare le popolazioni e piegarne la resistenza e, in questa fase, anche le fabbriche di armi. La parola d’ordine è “demilitarizzare”, che con l’altra più nota, “denazificare”, esprime un concetto capitale nella prassi del Cremlino: sterminare per occupare. Nel braccio di ferro con l’occidente, Putin sa di avere molti alleati, il più prezioso è il tempo: gli europei prima o poi si stancheranno di Kyiv, e comunque la guerra potrà durare 5 anni, ha detto con nonchalance all’amico Xi, nascondendo a se stesso che il protrarsi del conflitto potrebbe accrescere il malcontento di un’ampia parte della popolazione russa, in particolare nella regione di Belgorod, dove la città omonima e diversi villaggi sono oggetto dei ripetuti attacchi di Kyiv con diverse decine di morti e feriti. Per Putin sarà arduo convincere quei russi che l’“operazione speciale” non tocca i territori della Federazione dopo che il governatore ha disposto l’evacuazione di 300 persone e il trasferimento in zone più sicure. La paura serpeggia anche nell’oblast di Kursk, raggiunta dai droni di Kyiv. Colpire la Russia si può. “Hai la guerra in casa” è il messaggio inviatogli da Zelensky, che a un giornalista dell’Economist ha detto che malgrado la controffensiva non abbia avuto il successo sperato e che il mondo si aspettava, l’idea che Putin stia vincendo non è altro che una sensazione. Guardare sul Mar Nero per credere. I russi hanno trasferito le navi dal porto crimeano di Feodosia a quello russo di Novorossijsk per metterle al riparo dai missili occidentali a lungo raggio lanciati da Kyiv. Dal 24 febbraio 2022, Mosca ha perso 20 navi da guerra della sua flotta in quel mare, ha subito la devastazione del quartier generale di Sebastopoli e la distruzione parziale della base aerea di Saki. Una perdita anche di immagine per la Marina russa presente in Crimea da 240 anni e che ha nel Mar Nero la piattaforma logistica fondamentale per la difesa della penisola occupata dal 2014. Il bilancio della guerra di conquista non soddisfa una parte dell’establishment che spinge per il colpo decisivo alla regione di Kharkiv. Ma gli esperti militari frenano: un’incursione di quella portata sarebbe molto al di sopra delle risorse tuttora a disposizione in quell’area. Non è però detto che Putin si arrenda e rinunci ad usare un’arma nucleare tattica o un attacco chimico o biologico. I paesi dell’est Europa non lo escludono e rafforzano le difese. La Germania ha stazionato una brigata da combattimento in Lituania e annunciato le esercitazioni su larga scala previste nei prossimi mesi come la più grande esercitazione delle forze tedesche terrestri dopo la guerra di aggressione russa contro l’Ucraina. “Vogliamo essere pronti all’azione”. Il quotidiano tedesco Bild, facendo riferimento a un documento riservato della Difesa su un possibile conflitto tra Russia e Nato, delinea i passaggi successivi in uno scenario di guerra dal titolo “Alleanza di difesa 2025”. Nel documento si legge che già in febbraio Mosca richiamerebbe in servizio 200 mila militari e in primavera lancerebbe un’offensiva contro Kyiv, che potrebbe estendersi se il sostegno occidentale fosse insufficiente. Nel qual caso, l’obiettivo successivo sarebbero i paesi baltici dove Mosca metterebbe in atto la strategia destabilizzatrice usata in Ucraina nel 2013. Attacchi informatici e altre forme di guerra ibrida per aizzare le proprie minoranze etniche e provocare scontri da usare come pretesto per un intervento secondo il motto “difendere i russi ovunque si trovino”. L’attacco armato avverrebbe nel 2025. Dall’exclave russa di Kaliningrad, tra Lituania e Polonia, passando attraverso il corridoio di Suwalki, 200 mila soldati russi si posizionerebbero ai confini con la Bielorussia per scontrarsi con 300 mila soldati della Nato, di cui 30 mila della Bundeswehr. Per evitare di scoprire l’esito dello scontro, c’è un solo modo: fornire a Kyiv le dotazioni militari necessarie. Sunak ha firmato un accordo di sicurezza bilaterale che rimarrà in vigore finché l’Ucraina non entrerà nella Nato, e messo a disposizione 2,5 miliardi di sterline; Scholz ha stanziato 17 miliardi di euro e sta per aggiungerne altri 8. I più micragnosi sono Madrid Parigi e Roma: neanche 1 miliardo in tre in forniture militari, ma ciance a profusione. Scholz ha espresso irritazione e preteso che ogni singolo paese metta per iscritto quanto è disposto a dare. Putin conosce certi polli e il loro scarso apprezzamento per la libertà e la democrazia, due valori, come scrive il Wall Street Journal, erosi per decenni dalle ideologie di sinistra e dalle mode filosofiche illiberali.
- 5 Febbraio 2025 -
6 commenti su “Conflitto Russia-Nato…l’opinione di Rita Faletti”
Signora Faletti, ho letto il Suo articolo ben scritto e chiaro.
Quel che penso io, dopo due anni di guerra, è che la Russia nonostante tutte le perdite subite uomini, mezzi militari ecc., la guerra l’ ha vinta nel momento stesso in cui ha iniziato l’invasione, perché sapeva benissimo che l’ Occidente si sarebbe messo solo a protestare, ad approvare sanzioni che non sono servite a niente e a vendere armi, senza intervenire. Putin sta solo aspettando che il nemico deponga le armi per stanchezza e mancanza di uomini più che di mezzi. Prima finisce ‘sta tragica farsa e meglio è per tutti.
Il Suo pensiero è un’istantanea della realtà e un pesante atto d’accusa dell’occidente. Purtroppo, a fare le spese di questa “tragica farsa” è un popolo illegalmente aggredito al quale era stato promesso aiuto finché fosse stato necessario. L’Ucraina è ancora un paese libero grazie al suo popolo di combattenti e alle armi ricevute. Il Medioriente in fiamme, le europee di giugno e le presidenziali americane hanno distolto l’attenzione dall’Ucraina, ma questo non significa che verrà abbandonata alle grinfie di un criminale. Non ci si arrende con la guerra in corso. Un’eventuale sconfitta di Kyiv sarebbe la resa dell’Europa, tanto più grave ora che in Iowa la vittoria di Trump fa temere che la Casa Bianca potrebbe essere il traguardo della sua corsa. E con Trump presidente perderemmo la protezione dell’ombrello americano se il suo piano di congelare le relazioni transatlantiche si concretizzasse. Addio difesa comune. E pensi quanto ne godrebbero Cina e Russia. In questo momento avremmo bisogno di un altro Churchill.
La pace potrà essere raggiunta solo con un compromesso, probabilmente mediante la concessione da parte dell’Ucraina della piena autonomia alle regioni russofone, stremate dalla guerra.
Così, Putin e compagnia avranno raggiunto i loro interessi, Zelensky e compagnia non ne usciranno ovviamente male e con l’Ucraina “fatta di ucraini” (ammesso che si possa veramente fare tale distinzione) faranno pienamente parte del cosiddetto blocco occidentale; ecc ecc.
E alla fine, tutto a posto… Il conto a chi si è arricchito con la guerra e quello dei danni, è già pagato!!
Trovo quel “tutto a posto” alquanto cinico.
Dott.ssa Faletti, a scanso di equivoci, quel tutto a posto lo consideri virgolettato
Io proporrei quel “tutto a posto” al raggiungimento da parte di filo russi, della distruzione dell’occidente che ha fatto dormire serenamente tanta gente nel cuscino di una immeritata democrazia.
I geniali “antioccidente de noi artri”, non vedono l’ora.
Il sonno della ragione ha generato mostri, e si vedono benissimo.