Dal 2004 a dicembre 2022 nelle regioni più a rischio – Calabria, Campania, Lazio, Puglia e Sicilia – il numero delle demolizioni eseguite è stato del 15,3% dei 70.751 immobili abusivi per i quali è stato stabilito l’abbattimento da parte dei 485 Comuni che hanno risposto in maniera completa al monitoraggio civico promosso da Legambiente, pari al 24,5% del campione totale. I dati arrivano dal report di Legambiente “Abbati l’abuso 2023”.
Secondo quanto sottolineato dal Rapporto, dunque, solo il 15,3% delle case abusive nelle regioni considerate “a rischio” per le quali è stato stabilito l’abbattimento è stato demolito nel periodo di tempo che va dal 2004 a dicembre 2022. Sommando anche le risposte parziali, il numero totale delle ordinanze emesse si attesta a 83.430 con una media di un’ordinanza ogni 310 cittadini.
Il report ha poi sottolineato la rilevante incidenza del mattone illegale nei comuni costieri, dove si arriva ad una media di 395,9 ordinanze di demolizione a Comune, cinque volte quella relativa ai Comuni dell’entroterra.
Nelle isoli minori si registra un abuso ogni 12 abitanti, ma la risposta al problema attraverso le demolizioni raggiunge il 20,5%. Si trovano invece sotto la media nazionale gli abbattimenti eseguiti nei sette Municipi di Roma che hanno fornito i dati sull’abusivismo edilizio nei loro territori: a fronte di ben 2.676 ordinanze di demolizione emesse ne sono state eseguite solo 323, pari al 12,2%.
Nel presentare il report, Legambiente ha poi evidenziato che nell’ultimo rapporto sul Bes (Benessere Equo e Sostenibile) dell’Istat, realizzato in collaborazione con il Cresme, l’abusivismo edilizio è stimato in crescita del 9,1%. In questo quadro, la situazione nelle regioni del Sud viene definita come “insostenibile”, con 42,1 abitazioni costruite illegalmente ogni 100 realizzate nel rispetto delle regole.
Se però da un lato si sta registrando una maggiore sensibilità collettiva rispetto ai temi ambientali, dall’altro le demolizioni sono ancora poche.
Le proposte di Legambiente
A fronte dei dati emersi dal report “Abbati l’abuso 2023”, Legambiente ha avanzato delle richieste al governo.
- Più ruolo e responsabilità ai prefetti, restituendo il senso originario all’articolo 10bis della Legge 120/2020, se necessario, anche con un nuovo intervento legislativo. Secondo quanto spiegato da Legambiente, “la norma era stata approvata dal Parlamento per fare fronte alle mancate demolizioni da parte dei Comuni degli abusi non sanabili nonostante tre condoni edilizi, l’ultimo nel 2003, con un’assunzione dell’onere da parte dello Stato. Pochi mesi dopo l’entrata in vigore della norma, un’improvvida circolare del Ministero dell’Interno, ne ha di fatto bloccato l’applicazione, restringendola solo agli abusi edilizi accertati dopo l’entrata in vigore della legge e ‘salvando’ così decine di migliaia di manufatti illegali”.
- Danno erariale. Legambiente ha affermato che “il ruolo della Corte dei conti è decisivo, per verificare, quantificare e imputare in maniera sistematica l’eventuale danno erariale causato dalle mancate entrate nelle casse comunali del corrispettivo economico dovuto per l’occupazione da parte degli abusivi di immobili non demoliti e diventati di proprietà comunale”.
- Prescrizione e demolizione. Su questo fronte, Legambiente ha sottolineato: “Per quanto riguarda le demolizioni per via giudiziaria, alla base degli interventi deve essere posta la sentenza che accerta il reato e non, invece, quella di condanna del reo”.
- Ricorsi al Tar. A tal proposito, secondo Legambiente, “è necessario prevedere lo stop all’iter di demolizione solo in presenza di un provvedimento di sospensione da parte di un tribunale, altrimenti non c’è motivo per bloccare le procedure”.
- Chiusura delle pratiche inevase di condono. Legambiente “propone di istituire un fondo di rotazione con uno stanziamento pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026”.
- Emersione degli immobili non accatastati. L’Agenzia delle Entrate rende disponibili le informazioni relative ai fabbricati non accatastati acquisite sulla base delle immagini aeree e delle verifiche di cui al DL 78/2010, ai Ministeri dell’Ambiente e Sicurezza energetica, delle Infrastrutture, ai Comuni e ai Prefetti per la verifica della regolarità edilizia e non solo fiscale.