L’immobilismo, sistemico in Italia, non risparmia la scuola, dove l’aria fresca portata dall’adolescenza, dovrebbe spazzare via l’odore di muffa e di stantio di cui è impregnata questa istituzione, con il vecchiume dei suoi programmi della sua didattica e dei suoi operatori, dirigenti e docenti, in Europa tra i più anziani e meno aggiornati. E’ anche per questo che sul fronte della preparazione, i nostri giovani non sono in grado di competere con i loro coetanei di altri paesi. La scuola italiana è un moloch che dal Sessantotto, l’anno della contestazione studentesca, dei cortei-fiume che si ingrossavano a mano a mano che attraversavano le città, l’anno delle okkupazioni di scuole e università, ha conservato gli aspetti deteriori di un’ideologia logora e perdente. Sono tornati in piazza, gli studenti, ma non per rivendicare il diritto a un’istruzione all’altezza dei tempi, a una formazione e preparazione di qualità, strumenti indispensabili per l’accesso al mondo del lavoro sempre più complesso ed esigente, ma per protestare contro “l’alternanza scuola-lavoro”, l’unica riforma intelligente che sia uscita dagli strati di polvere del palazzo di Viale Trastevere, sede storica del dicastero della Pubblica istruzione, nel lontano 2003. Un’iniziativa di successo che ha permesso a migliaia di studenti di avere un primo approccio al mondo dell’impresa, un’occasione preziosa per collegare la teoria appresa sui banchi di scuola alla pratica del mondo del lavoro, e garantire a circa un milione di essi un contratto proprio in quelle ditte che li avevano accolti nella fase di formazione. “Non si può morire di scuola”, si leggeva su uno striscione che a Milano i manifestanti agitavano per esprimere sdegno per le morti di due studenti avvenute durante l’alternanza scuola-lavoro e uno stage formativo. Quella frase faceva il verso ad altre frasi di condanna riferite alle tragiche e troppo numerose morti sul lavoro, con un accostamento che non rende giustizia alla verità: le morti bianche riguardano la sicurezza sul lavoro, la fine delle due giovani vite non è imputabile all’alternanza scuola-lavoro. La piaga nazionale è, infatti, la sicurezza. Per una volta non accusiamo la scuola di colpe che non ha, semmai vanta il merito di aver aperto le porte al mondo esterno, che è il domani dei giovani. I quali, purtroppo, lungi dall’essere al centro degli interessi della politica, sono vittime della superficialità e dell’indifferenza di adulti che poco hanno a cuore il loro futuro. “Siamo come gli studenti del ‘68”, ha detto uno dei manifestanti, confermando un’amara quanto vergognosa verità: la strumentalizzazione della morte per chiedere l’abolizione delle due prove scritte all’esame di maturità. “La scuola che uccide” viene contestata quando chiede impegno e fatica, ma nessuno, tra coloro che protestavano nelle molte città e chiedevano le dimissioni del ministro dell’Istruzione, è sceso in piazza quando il governo dei peggiori aveva chiuso le scuole pur avendo assicurato che erano luoghi sicuri. Chi si è opposto con determinazione alla Dad? Perché gli studenti, in quasi due anni di lockdown, non si sono preoccupati di studiare nelle loro case non potendo frequentare bar e discoteche? Se tutti questi ragazzi hanno ora la fortuna di essere tornati in classe, è grazie all’ostinazione del governo, il bersaglio preferito da chi non sa o rifiuta di distinguere tra coloro che vogliono il loro bene e coloro che invece pensano al proprio. Le associazioni sindacali, e alcuni media, solerti a rispolverare slogan del passato e soluzioni della sinistra peggiore. (ritafaletti.wordpress.com)
- 26 Dicembre 2024 -
1 commento su “Protesta autolesionista…l’opinione di Rita Faletti”
Complimenti per l’articolo. L’alternanza scuola lavoro è una delle poche cose sensate fatte in questo paese. In Germania sono anni che si fa, ho amici e parenti che finiti gli studi lavorano perché già indirizzati alla formazione lavoro durante gli studi.