Un termine oggi molto utilizzato nelle diverse articolazioni della nostra società, specie in politica, è “populismo”, parola che finisce con un “ismo”. Ma cos’è il populismo? Esiste il populismo?
Se guardiamo al passato, sono molti i termini che finiscono con un “ismo” quando ci addentriamo, ad esempio, nei vari ambiti della storia sociale, politica, culturale, letteraria, artistica, religiosa: socialismo, comunismo, fascismo, totalitarismo, razionalismo, positivismo, impressionismo, futurismo, astrattismo, surrealismo, espressionismo, romanticismo, dogmatismo, fideismo, idealismo, simbolismo, sensazionalismo, sentimentalismo, spiritualismo, femminismo, maschilismo, razzismo, capitalismo, consumismo, storicismo etc.. .. e la lista potrebbe essere molto lunga, ma ci fermiamo qui.
Gli “ismi” sono molti, spiazzano ma sono anche affascinanti, indicano un movimento di rivoluzione e di cambiamento, hanno alla base delle idee, delle coordinate di pensiero, giuste o sbagliate che siano, e tuttavia, come sostiene il filosofo Horkheimer, richiedono un superamento, se davvero si vuole giungere a una dimensione autentica della realtà che porta alla vera e unica comprensione e ricerca della verità.
E veniamo a populismo. Populismo deriva da popolo, e dire “popolo” non è dire un idea, una ideologia, un movimento, un insieme di teorie; dire popolo è dire un “fatto”, una “realtà” che ha una sua concretezza storica in un dato luogo, tempo e spazio, tant’è che nel nostro Paese l’art. 1 della Costituzione dice che “la sovranità appartiene al popolo”, e in nome dello stesso “popolo italiano” si amministra la giustizia e nei tribunali si assolve e si condanna.
Dunque il popolo non va confuso né messo sullo stesso piano di una idea, una ideologia, un movimento, una corrente di pensiero propria di un partito o di un sistema culturale, etico, perché se così fosse non si potrebbe dare al popolo la “sovranità” né la giustizia potrebbe essere amministrata in suo nome.
Il popolo indica infatti l’universalità, la pienezza, la totalità; un idea, un pensiero, una ideologia, una fede rispecchiano, invece, la parzialità e la particolarità.
Quando dunque nel contesto politico contemporaneo si parla di populismo, l’uso di questo termine è improprio, per non dire che è una offesa al “popolo sovrano”, popolo che i politici giudicano “intelligente” o “deficiente e superficiale” a seconda di come vota. Purtroppo il relativismo si è impossessato anche dell’uso della lingua e dei termini e dando spazio a nuovi “ismi” si sta correndo il rischio di cadere in un assoluto. Non mi sembra corretto che il popolo italiano sia considerato un popolo di “populisti”, perché i populisti di fatto non esistono; esistono i demagoghi, i venditori di illusioni, coloro che cavalcano problemi, temi , accadimenti della vita del popolo per cercare demagogicamente il consenso politico, rivolgendosi – si afferma – non all’intelligenza del popolo ma, detto volgarmente, alla sua pancia.
Sotto questo aspetto, dietro alla parola “populismo” si nasconde una pericolosa forma di nuova ideologia, che ha ingenerato una prospettiva talmente divisiva che l’uso stesso del termine è divenuto sostanza di un modo di intendere la lotta, o per usare un termine più elegante, la dialettica politica. Ricorrendo ad una metafora, è come se nel popolo ci fossero due essenze: quella “dell’intelligenza” e quella del “ventre”; nel nostro Paese il populismo, che piace molto al giornalismo “maitre a penser”, avrebbe prodotto una forzata divisione: da un lato i partiti della cultura di sinistra, che non sarebbero populisti perché parlano all’intelligenza, dall’altra quelli della cultura di destra, che sarebbero populisti perché parlano al “ventre”. Se teniamo conto che queste due culture, stante la recente elezione del Presidente della Repubblica, rappresentano ognuna il quasi 50% del popolo italiano, se ne dedurrebbe che il popolo italiano è diviso in due: da una parte i “populisti” del centro destra, dall’altra il “popolo” del centro sinistra. Suddivisione quanto mai pericolosa e contro l’unità del popolo sovrano.
Purtroppo nel nostro Parlamento c’è un largo uso del termine “populismo” in tutti gli schieramenti, il che ha contribuito a diffonderne un’accezione fondamentalmente priva di significato; in effetti il populismo non esiste come realtà concreta in sé, ma esiste la “demagogia”, che fa leva sugli umori del popolo, su manifestazioni di piazza, sui sentimenti di ribellione del popolo verso la mala politica e dentro questo sentire popolare cerca di inserirsi per ricavarne un utile. Purtroppo, in questo nostro tempo, grazie all’uso strumentale e demagogico che la politica fa dell’art. 1 della costituzione, ne è venuto fuori un insieme di neologismi utile solo a dividere e non a costruire unità, come ad esempio: sovranista, europeista, populista, globalista, qualunquista, interventista, atlantista e chi più ne ha ne mette.
Io credo che l’Italia è sempre stata un “popolo” che ha amato e ama il proprio paese con orgoglio, con una identità sovrana, come voluta dai Padri costituenti, e al tempo stesso aperta non solo all’Europa, ma al mondo globale nel quadro del raggiungimento dell’idealità di una fratellanza universale.
- 26 Dicembre 2024 -