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Dall’Opposizione chiacchiericcio all’azione responsabile

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Abbiamo finito di leggere, per la terza volta, il libro di Claudio Bonvecchio “Apologia dei doveri” (Editoriale Asefi Milano 2002) e ci chiediamo cosa sarebbe accaduto, a livello sociologico, se tutte le organizzazioni internazionali e le Costituzioni degli Stati avessero proclamato, a suo tempo, la “Dichiarazione dei doveri fondamentali dell’uomo” anziché la “Dichiarazione dei diritti dell’uomo”.

Fu quella un’epoca in cui il potere si manifestava in termini così assoluti, violenti ed arroganti che sembrò naturale e giusto rendere solenne la prevalenza dei diritti sui doveri; in un clima di quel tipo, infatti, un simile provvedimento avrebbe sollecitato ulteriori violenze del potere, ormai incapace di proporsi in termini aristocratici e nobili.

Nei tempi attuali, però, si va sempre più prendendo atto che la pretesa dei diritti si è talmente sganciata da ogni riferimento ai doveri da rendere impossibile la loro compiuta realizzazione proprio perché non si percepisce che il diritto di ciascuno è l’effetto diretto dell’adempimento del dovere dell’altro.

Di fatto, in tale situazione si verifica un atteggiamento passivo di attesa del diritto e non un attivo adempimento di un dovere; un ricevere, quindi, anziché una dare (meglio un donare) quanto dovuto.

Da un lato, quindi, l’attesa di un diritto che postula l’inerzia e l’essere destinatario di una fruttuosa azione esterna e, dall’altro, il dovere che richiederebbe un proprio fare verso altri, ovvero un impegno ed una responsabilità. (Utilissima sarebbe una rilettura de “I doveri dell’uomo” di Giuseppe Mazzini che, scritto nel 1860, mantiene una sorprendente attualità).

Un’ inerzia quella dei diritti che non fa avvertire le difficoltà dell’agire, cosicché spesso si pretende, a sproposito, una copertura totale dei diritti senza alcuna propria collaborazione, il che consente di trovare sempre fuori di se ogni responsabilità.

E’ vero, però, che la complessità della vita attuale sta sempre più evidenziando l’assenza di questo senso di responsabilità, basta osservare quanto sta avvenendo attorno alla certificazione verde ed  alla vaccinazione anti covid, per cui sarà inevitabile proclamare, con altrettanta solennità, una sorta di “Dichiarazione dei doveri dell’uomo”, l’unica via perché si possa frenare un’altrettanta inevitabile assolutizzazione del Potere, che diverrebbe fatalmente necessaria.

Bene, solo quando il cittadino avrà interiorizzato questo nuovo senso del dovere sarà possibile estenderlo anche al Potere ed in particolare alle persone che in un sistema di potere diffuso ne costituiscono la struttura e ne realizzano il modo di essere.

Volendo applicare questo proposto atteggiamento mentale alla realtà politica modicana, si può rilevare che è vero che esso può sembrare in contraddizione con la constatata tendenza del governo Abbate ad assolutizzarsi ma è altrettanto vero che l’Opposizione da chiacchiericcio, che come un’infezione ha colpito le opposizioni consiliare, da social e giornalistica, non è in grado di ottenere risultati, ovvero li ottiene ma di qualità identica a quella del chiacchiericcio stesso. Non è un caso che Abbate ha raddoppiato i voti tra la prima e la seconda  sindacatura.

Indicare un orizzonte, non significa avere un progetto per raggiungerlo; ecco perché diciamo semplicemente che constatata la sterilità dell’azione politica di contrasto attuale (che è un dato di fatto) pensiamo la cosa più naturale e scontata, ovvero, che ci si debba mettere attorno ad un tavolo per elaborare nuove strategie, considerato, tra l’altro, che condurre un’opposizione da chiacchiericcio non addestra neanche al buon governo, in guisa che,  quand’anche per un accidente della storia, tale opposizione dovesse andare al governo non potrebbe che governare con la stessa qualità del governo uscente. Non è così? Si analizzino, giusto per darci un limite, gli ultimi quarant’anni di vita politica ed amministrativa della nostra città.

Comprendiamo che questo nostro approccio non potrà soddisfare quanti ci hanno rimproverato, in altri post, o di fare filosofia (comodo escamotage per quanto non si riesce a colloquiare) o di usare il noi per nascondere l’isolamento di chi non ha truppe alle sue spalle scegliendo la più banale ed idiota tra le motivazioni che suggeriscono a ciascuno di noi l’uso del plurale maiestatis. Ce ne faremo una ragione nella piena consapevolezza, meglio nella presuntuosa consapevolezza, che è del tutto normale la difficoltà di molti che non riuscendo a liberarsi dagli schemi mentali utilizzati finora e comunque della loro solare inadeguatezza, trovino delle difficoltà a comprendere i mutamenti epocali in corso.

E non è un caso che questo “mondo inadeguato” non riesce ad interpretare il nostro voler propiziare la nascita di uno schieramento di nuova generazione se non con la solita peregrina idea di voler sostenere una lista più o meno civica o per ottenere un credito elettorale (meglio politicante) per farsi eleggere consigliere comunale oppure, avere qualche vantaggio di carattere clientelare.

Poveretti, costoro non possono capire che questo nostro obiettivo non appartiene al regno della quantità, direbbe Guenon, e che, quindi, con l’azione di contrasto al governo Abbate “[…] non basta denunciare degli errori e mettere in evidenza la loro realtà: […] questo può essere utile ma quel che è veramente interessante ed istruttivo è spiegarli, cioè ricercare come e perché si sono verificati, in quanto tutto ciò che esiste in un modo o nell’altro, ivi compreso l’errore, ha necessariamente una sua ragion d’essere, per cui anche il disordine deve alla fine trovare il suo posto tra gli elementi dell’ordine universale.” (René Guénon, il regno della quantità e i segni dei tempi, Adelphi edizioni, Milano 1982)

E proprio perché non appartiene al mondo della quantità che questa nostra posizione non si preoccupa di essere anche un appello solitario.

Stiamo parlando di un’azione in cui si parla di senso di responsabilità, quindi una operazione  non  distruttiva ma creativa, non  negativa ma positiva, consapevole di poter vedere un qualche frutto nei tempi medio lunghi.

Sono questi climi in cui l’obiettivo non può essere la crescita fisica o materiale del proprio gruppo e non può neppure essere quello della conquista del Municipio né la ideologizzazione delle masse.

Si tratta di dare più che prendere se non persino un dare senza prendere: la gratificazione verrà dai risultati concreti nella logica cristiana fatta propria da Gabriele D’annunzio con quel “Io ho quel che ho donato”.

Concludiamo facendo nostra l’opinione di Mario Haussmann, in “Introduzione alla sociosofia” (edizioni Verdechiaro, Baiso –Reggio Emilia, 2019), secondo la quale risultati inutili e futili i tentativi di modificare il sistema suggeriscono di rinunciare ad ogni ribellismo nei suoi confronti; occorre “distogliere la nostra attenzione dalle strutture obsolete e dirigere le nostre energie verso la costruzione del nuovo”. Ed aggiunge “Se combattiamo direttamente contro l’ordine imperante, gli forniamo energia.

Carmelo Modica

 

 

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