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Papa Francesco in Iraq…..l’opinione di Rita Faletti

Tempo di lettura: 2 minuti

Giovanni Paolo II morì senza poter realizzare un sogno: visitare Ur, in Iraq, e pregare nella terra di Abramo, il padre delle tre religioni monoteistiche. Veti incrociati non gli permisero quel viaggio che rappresentava la speranza delle comunità cristiane irachene di vedere il Papa. Dopo vent’anni Bergoglio si rifiuta di ascoltare chi lo sconsiglia di intraprendere un viaggio in una terra insicura ancora minacciata dalla violenza e dalle incursioni dei miliziani jihadisti e decide di affrontare i rischi di quello che considera un pellegrinaggio, che è anche una sorta di risarcimento dovuto alle comunità cristiane per una promessa mancata. Francesco vuole incontrare quelle comunità e dare loro una speranza. Ma l’obiettivo del viaggio trova la sua principale spiegazione nell’essenza stessa del pensiero bergogliano: invitare alla fratellanza i fedeli di tutte le religioni, in questo caso i cristiani e i musulmani  che sono la maggioranza nel Paese e che la guerra ha messo gli uni contro gli altri. “Siete tutti fratelli” ha detto rivolgendosi alla folla che ha accolto il suo Papa tra celebrazioni e festeggiamenti a Qarakosh, nella piana di Ninive, l’ultima tappa del pellegrinaggio del Pontefice. Nell’entusiasmo per la presenza in carne e ossa di Francesco, chissà quale effetto hanno avuto quelle parole su coloro che sono  sopravvissuti alle persecuzioni e ai massacri e a tanti massacri sono stati testimoni. Un sentimento di speranza , fugace, il desiderio di vivere finalmente in pace. Come indovinarlo? I cristiani rimasti in Iraq sono l’1,5 per cento in una popolazione di 39 milioni di abitanti. Quando il Papa se ne sarà andato, chi potrà garantire per la loro incolumità in una terra dove l’odio nei loro confronti è insanabile e dove il governo è inefficiente e inerme e dove le milizie sciite legate all’Iran khomeinista già promettono di colpire dove il Papa è passato?  “Siete tutti fratelli”, ma come si può parlare di fratellanza se dall’altra parte c’è solo ostilità? Bergoglio sa bene che è così e non nutre illusioni. E’ consapevole che le sue parole cadranno nel vuoto in una realtà difficile dove la violenza è l’ultima parola. Tuttavia la sua missione è gettare  semi di speranza e per questo non ha rinunciato a condannare la violenza che uccide nel nome di Dio e a invocare la pace. E non è un caso che proprio in Iraq Francesco abbia voluto incontrare l’ayatollah al Sistani, la guida spirituale più autorevole e amata dagli sciiti e rispettata dai sunniti e dai curdi. A Najaf, città santa dei musulmani sciiti, le due massime autorità religiose si sono incontrate per suggellare davanti al mondo il principio del rispetto che si deve a tutte le professioni di fede. Il fatto che al Sistani si sia sempre tenuto lontano dall’islam politico e finanziario costituisce la forza del suo ascendente e del suo potere spirituale, l’opposto del potere di cui gode l’ayatollah Khamenei che sotto il profilo teologico è uno qualunque. L’autorità di al Sistani è indiscussa e non risponde a una gerarchia formale, è guadagnata sul campo. Nel 2014 l’ayatollah mobilitò la popolazione contro i miliziani dello stato islamico che avevano fatto di Mosul la loro capitale e recentemente ha denunciato la repressione sanguinosa di giovani a Nassiriya. Questo anche rende l’incontro un evento di importanza storica che sarà ricordato a lungo: la dichiarazione congiunta che ogni motivazione del terrore è blasfema.

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1 commento su “Papa Francesco in Iraq…..l’opinione di Rita Faletti”

  1. Tonino Spinello

    Questa visita del Papa l’ho vista più politica che spirituale!
    Emblematica la faccia dell’ayatollah al Sistani e non perchè novantenne. Mi ha ricordato la faccia di Francesco dopo l’incontro privato con Pompeo o Trump non ricordo bene chi dei due.
    Avete visto come sono finiti i “chiacchericci” dopo l’avvento di Biden? E come la Cina è sempre più presente in tutto?
    Comunque il Papa è Gesù in terra e allora nulla turbi i nostri pensieri!

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