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Impianto di biomassa. Consiglio comunale “caldo” a Modica. Clamorosa protesta in aula

Caldo consiglio comunale “aperto”  a Modica,  per parlare dell’impianto di biomassa  che dovrebbe sorgere in contrada Zimmardo Bellamagna, territorio modicano ma a poche centinaia di metri da Pozzallo. Per tale motivo era presente una larga rappresentanza di consiglieri comunali pozzallesi guidati dalla presidente Maria Colombo  e tutto il consiglio comunale e tutta l’amministrazione di Modica Numerosi gli interventi, spesso bloccati dalle proteste dei cittadini con la presidente Carmela Minioto che ha avuto il suo gran da fare per mantenere calmi gli animi. La seduta è stata aperta dai chiarimenti dell’azienda e dai tecnici che andranno a realizzare l’impianto che, però, sono stati fortemente contestati dal pubblico. Sono intervenuti poi i consiglieri comunali di Modica, Cavallino, Poidomani, Castello, un paio di consiglieri pozzallesi e la presidente Colombo. Interventi forti anche dell’avvocato Enzo Galazzo, dell’ex segretario provinciale della Cgil, Giovanni Avola, e di altri esponenti della società civile. Il coro è stato unanime: no all’impianto in quella zona, si all’impianto in altri luoghi.  Clamorosa l’azione di un consistente numero di presenti che hanno consegnato le chiavi delle loro case e una petizione di circa 7 mila firme al sindaco di Modica, Ignazio Abbate. La parte finale è stata di quest’ultimo che ha comunicato la sua decisione formalizzata in serata con un documento. In sostanza   lunedì prossimo nella stanza del Sovrintendente ai Beni Culturali di Ragusa,  Giorgio Battaglia, si terrà un incontro che dirà molto sul futuro dell’impianto di Bio Metano in Contrada Zimmardo Bellamagna. Al vertice parteciperanno i Sindaci di Modica e Pozzallo e la proprietà dell’impianto. “I nostri vicini pozzallesi – commenta il Sindaco Abbate – si sentono minacciati dalla realizzazione di questo impianto che ha, lo voglio sottolineare ancora una volta, tutte le autorizzazioni di legge necessarie visto che dovrebbe sorgere in un territorio escluso da qualsiasi tipo di vincolo nel Piano Paesaggistico redatto dalla Regione nel 2010 ed approvato anche dai rappresentanti iblei in Parlamento. Capisco le loro paure e la loro diffidenza nei confronti di questa opera, anche se parliamo di una delle fonti energetiche più pulite al Mondo, ed è per questo che vogliamo aprire un tavolo di confronto tra tutti gli attori protagonisti di questa vicenda per cercare di trovare una soluzione che da un lato rassicuri tutti i cittadini e dall’altro possa venire incontro alle legittime aspirazioni della Proprietà”.

 

 

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5 commenti su “Impianto di biomassa. Consiglio comunale “caldo” a Modica. Clamorosa protesta in aula”

  1. Sig. Sindaco, nonostante le vistose contestazioni al suo intervento in Consiglio, lei è ancora in tempo per scegliere di stare dalla parte dei cittadini, modicani e pozzallesi. Sospenda temporaneamente l’autorizzazione e riveda la contestata procedura, come indicato da diversi interventi di ieri. Il fatto stesso di incontrarsi alla Soprintendenza fa pensare che potrebbe mancare un parere.

  2. SULL’IMPIANTO DI BIOMETANO IN C.DA ZIMMARDO A MODICA

    Intervento del Comitato 100 Passi di Modica al Consiglio Comunale aperto del 27 novembre 2019 di cui si è chiesta l’allegazione al verbale di seduta mediante deposito di relativa copia:

    La possibile realizzazione di un impianto di biometano in c.da Zimmardo-Bellamagna sta suscitando molte perplessità, tra le forze politiche locali, le associazioni ambientaliste e le comunità del territorio di Pozzallo, di Modica e delle sue frazioni balneari.
    Come abbiamo avuto modo di sottolineare con il nostro intervento del 27 ottobre scorso, le predette perplessità appaiono fondate sotto diversi aspetti, anche e nonostante le autorità amministrative abbiano espresso parere favorevole.
    Al di là, infatti, delle valutazioni formali, la valutazione Politica, intesa nel senso più alto del termine, non può prescindere dai processi democratici di governo della Città, e deve tenere conto dell’impatto negativo che la paventata realizzazione di tale impianto produrrà, nel medio e lungo termine, sulle potenziali scelte di sviluppo di questa parte del nostro territorio rurale e sul paesaggio circostante più in generale.
    A tal proposito, come Comitato modicano di 100 Passi per la Sicilia, ci preme sottolineare che la costruzione del complesso apparato industriale, con annesse pertinenze, parcheggi e servizi, contrasta oggettivamente ed in modo assolutamente inconciliabile con la forte caratterizzazione identitaria e la naturale vocazione agro-turistica di una delle zone più suggestive della campagna modicana.
    Appaiono del tutto comprensibili e condivisibili, pertanto, già sotto questo aspetto, le preoccupazioni di chi in quella zona ha deciso di abitare e, in alcuni casi, di investire, puntando sulla bellezza naturalistica dei luoghi, quale catalizzatore per le attività ricettive.
    Già questo primo argomento induce a ritenere sbagliata la scelta di costruire quella struttura in quel luogo e ancor più scellerata l’idea di relegare alla sola “burocrazia”, senza alcun coinvolgimento democratico dei cittadini, il compito di valutare l’opportunità dell’intervento speculativo in oggetto (perché di speculazione economica si tratta).
    Ci sembra utile ribadire che la regolarità formale o la corrispondenza di un progetto alle norme giuridiche, generali ed astratte, non sono di per se stessi elementi sufficienti, sempre e comunque, per avallare azioni tanto incisive sul futuro delle comunità e del territorio su cui esse vivono, essendo invece necessario che tali azioni vengano autorizzate solo dopo avere tenuto conto, in concreto, degli interessi e dei diritti di quanti ne verrebbero a subire le conseguenze.
    E non è solo la questione paesaggistica che preoccupa la cittadinanza, sussistendo altre ragioni di allarme che appaiono altrettanto condivisibili e che spingono ad un necessario approfondimento della questione e, nell’immediato, una revisione delle determinazioni amministrative assunte.
    Lo abbiamo scritto, ad ottobre, parlando di un impianto che, per le sue stesse caratteristiche, non è un fenomeno “neutro” sul piano ambientale, perché impone una massiccia presenza edificatoria ed un elevato impatto, sotto l’aspetto del consumo del suolo e dell’emissione carbonica: nella sua fase di realizzazione, messa a regime, per la sua manutenzione e la sua futura dismissione.
    Certamente qualcuno obietterà che l’impianto in questione produce “energia pulita” e, quindi, va considerato positivamente sul piano della lotta ai gas serra.
    Ma a tale obiezione, noi replichiamo che non si deve commettere l’errore di chi, per giustificare le grandi corporazioni industriali, che investono sull’ingegneria genetica in agricoltura, ne osanna le finalità filantropiche, come quella di combattere la fame nel mondo.
    Chi compie quella forma di “riduzionismo argomentativo”, omette dolosamente di valutare gli effetti devastanti che quelle attività di modificazione genetica producono sulla biodiversità, che è frutto di un’evoluzione millenaria, come anche sulla capacità delle popolazioni di perpetuare, a causa dei brevetti imposti da quelle corporations, la loro tradizionale attività di sussistenza, nei e dai territori, o sulla sopravvivenza di certe specie animali e vegetali, messe in serio pericolo dalle mutazioni genetiche predette e dall’uso indiscriminato dei prodotti chimici che le relative colture richiedono.
    Ecco, noi, nel caso di specie, non possiamo e non dobbiamo ridurre l’argomento allo “slogan” del carburante biologico e, quindi, “pulito”, perché se così facessimo, commetteremmo l’errore fatale di sintetizzare una questione complessa dentro formule superficiali di un “ambientalismo provinciale”.
    Ed allora, partiamo da uno studio del Dipartimento di Sanità Pubblica Veterinaria e Sicurezza Ambientale e del Dipartimento di Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria dell’Istituto Superiore della Sanità, secondo cui, cito testualmente, il primo criterio per ottenere biogas sostenibile (da tale inciso si deduce l’ipotesi di un biogas la cui produzione può non risultare sostenibile sul piano ambientale) è che le materie prime derivino principalmente da attività produttive già in essere e che la loro produzione sia fatta in integrazione e non in sostituzione della produzione agricola tradizionale. L’utilizzo di insilati da culture dedicate per aumentare le rese di biogas, (ipotesi molto probabile, anzi necessaria nei fenomeni a carattere industriale) causa, infatti, l’occupazione delle terre irrigue migliori (con un rilevante consumo d’acqua) a scapito delle produzioni agro-alimentari.
    A parere di chi ha esteso questo studio, quindi, se è un fatto indiscusso che le centrali di biomassa costituiscono un valido supporto, soprattutto di approvvigionamento energetico, in aziende agricole di media dimensione, tale valenza positiva, tuttavia, non può ritenersi meccanicisticamente altrettanto valida nel diverso caso di impianti che non hanno carattere sussidiario, ma che assurgono essi stessi, ad attività principale e a carattere industriale.
    Non si può sottacere, in questo secondo caso, nascondendosi dietro l’alibi dell’energia “green”, sulle conseguenze che un simile impianto produrrà, ad esempio in termini di esalazioni, tali da mettere seriamente in discussione l’attrattività turistica della vicina città di Pozzallo ma anche delle altrettanto vicine località balneari di Marina di Modica e di Maganuco.
    E possiamo già immaginare il potenziale danno che già il solo cattivo odore potrebbe determinare sulla qualità della vita dei residenti, modicani e pozzallesi, e l’impatto negativo sull’economia di queste operose comunità.
    Allo stesso modo, non possiamo sottacere sul fatto che la produzione di biogas, per sua natura, implica una serie di rischi, per il modo con il quale vengono trattati i materiali sottoposti alla digestione anaerobica.
    Gli studiosi dell’ISS hanno escluso il vantaggio della produzione di biogas, quando questa si pone, al di fuori delle economie agricole locali e dei contesti territoriali, e che invece viene espletata nell’ambito di attività meramente speculative, proprio come nel caso di specie, ed hanno messo in guardia sul rischio di un uso non sostenibile delle risorse territoriali e delle risorse idriche.
    E già questo basterebbe, se non fosse stato accertato, sul piano tecnico, che la produzione di biogas aumenta il rischio di fenomeni patogeni e tossici, con particolare riferimento ai clostridi botulinici, secondo una curva statistica ascendente, direttamente proporzionale alla dimensione stessa della produzione, cioè al maggiore quantitativo di materiale trattato in ambito industriale, e in relazione ai protocolli di sicurezza adottati, che devono essere altrettanto più rigorosi e scrupolosi.
    Detto in altri termini, se la produzione di biogas di un’azienda agricola di normali dimensioni, attraverso l’uso di protocolli standard, non costituisce un pericolo significativo sul piano dell’insorgenza di fenomeni patogeni e tossici, lo stesso non può dirsi per un’azienda che produce biogas a carattere industriale.
    Stiamo attenti, quindi, a dire che siccome si produce energia “green” la relativa attività è di per se stessa buona e priva di conseguenze sul territorio e sulla sicurezza della comunità, poiché ogni attività umana è per sua natura foriera di conseguenze rischiose, i cui fattori di rischio sono oggettivamente più alti laddove tale attività assume proporzioni analoghe a quelle che oggi si possono immaginare dal progetto di Zimmardo-Bellamagna.
    Egoisticamente, poi, ci chiediamo:
    la produzione “green” del biogas produrrà un’incidenza ed una ricaduta positiva sulle comunità modicana e pozzallese, ad esempio sul piano della riduzione carbonica da trasporto privato ?
    Quanto diminuiranno, quantitativamente le automobili alimentate a combustibile fossile in conseguenza della presenza dell’impianto di biomentano in città?
    Quanto, il sacrificio carbonico, necessario per produrre in maggiore quantità la materia ceduta all’impianto per la digestione anaerobica, ad esempio le carcasse animali scartate dalle aziende avicole, sarà oggetto di compensazione carbonica mediante la distribuzione in rete del biogas?
    Noi crediamo che, a tali domande, non può esservi risposta credibile, per il semplice fatto che la produzione di biocarburante, in questo caso, non costituisce di per sé un immediato strumento di compensazione carbonica a livello locale e, quindi, non produce, da questo punto di vista, alcun vantaggio per la riduzione delle emissioni di C02 presenti sul territorio.
    Anzi, proprio la destinazione di una vasta estensione di territorio naturale all’occupazione di un manufatto edilizio, piuttosto che al rimboschimento, sottrae un’importante risorsa ai naturali sistemi di assorbimento carbonico e, quindi, di relativa compensazione.
    Per quanto sopra, non possiamo non ribadire un concetto già espresso nel nostro intervento del 27 ottobre, e cioè che la comunità, non traendo alcun vantaggio dalla presenza dell’impianto di biogas in argomento, avrebbe dovuto essere chiamata ad esprimersi in merito prima dell’emissione del provvedimento concessorio, perché in questo caso l’interesse della comunità prevale, a nostro avviso, su quello della libera iniziativa.
    Sappiamo che il Consiglio Comunale aperto di Pozzallo, tenutosi qualche giorno fa, ha chiesto l’intervento immediato di varie autorità, dal Prefetto alla Sovrintendenza BB.CC.AA. e finanche della Procura della Repubblica, oltre che l’interessamento della deputazione nazionale e regionale presente a quell’incontro (registriamo, in quel caso, l’assenza dell’on. Minardo e dell’on. Ragusa).
    Sappiamo anche che il Comune di Pozzallo ha deciso di ricorrere contro il provvedimento SUAP con ricorso amministrativo gerarchico e che è stato notificato ricorso al TAR contro il Comune di Modica.
    Noi, oggi, chiediamo, innanzitutto all’amministrazione comunale di Modica di assumere tutti i provvedimenti necessari, in autotutela, per evitare che il detto impianto venga realizzato, almeno fino a quando le autorità compulsate, comprese quelle giudiziarie, non si saranno pronunciate in merito.
    Chiediamo, poi, la costituzione di un Comitato di Salvaguardia e di Vigilanza, comune alle due comunità di Pozzallo e Modica, per consentire ai cittadini di verificare l’andamento di questa spinosa questione e di agire di conseguenza.
    Antonio RUTA

  3. Giuseppe Iemmolo20

    Tutti quanti ci aspettavamo di conoscere se la realizzazione dell’impianto produrrà delle negatività. Un generico “nessun rischio”.
    Non serviva una lezione sull’impianti di biogas o biometano, come è stato scorrettamente fatto, parlando per primi e per quasi due ore, viceversa dovevano essere posti dei quesiti e fornite delle risposte chiare ed esaustive. Non è andata così.
    È stato ribadito che la politica è scomparsa. Vero. È altrettanto vero, ed era palpabile, che tutto era stato precedentemente concordato e pianificato.
    Il dubbio non è soltanto sul parere della sovrintendenza ma su altri pareri (preventivi o non preventivi – chi vuol capire, capisca).
    Comunque l’impianto verrà fatto, già pianificato da tempo e l’amministrazione ne era a conoscenza.

  4. ‘Il coro è stato unanime: no all’impianto in quella zona, si all’impianto in altri luoghi.’ Ma dove? Si propongano siti alternativi.

  5. Visto che il proprietario e lo stesso , potrebbe andare bene lo spazio subito dietro l’ex cementificio nella zona industriale .
    Vanno solo attuate misure extra di tutela e prevenzione della sicurezza per Pozzallo .
    Ed inoltre fornire biogas a prezzo agevolato per i cittadini pozzallesi .
    Il mare a due passi sarebbe una riserva infinita per eventuali incidenti . .

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