Dalla notte dei tempi la sfera intima provoca sempre una sorta di imbarazzo, anche negli individui di una mentalità più aperta e progressista. Negli ultimi 100 anni possiamo dire di aver assistito ad un cambiamento dell’etica, della moralità, del costume e del senso del pudore come mai prima d’ora.
Soprattutto grazie all’emancipazione femminile è molto più comune avere rapporti sessuali in libertà, nel senso di qualcosa che avviene principalmente per soddisfare gli istinti primordiali umani senza che ci sia alcuna relazione interpersonale stabile.
Non di rado il tema diventa anche oggetto di diatriba politica, soprattutto quando ha preoccupanti risvolti per la sicurezza ed anche sotto l’aspetto economico.
In giro per l’Europa sono 7 gli Stati in cui la prostituzione rientra fra le professioni lecite e regolamentate, contribuendo all’economia del territorio e offrendo maggiore tutela sia alle lavoratrici che ai clienti.
Si va da un modello proibizionista che vieta la prostituzione e sanziona la prostituta con pene pecuniarie o detentive (talvolta viene punito anche il cliente) al modello neo-proibizionista o “modello svedese”, che punisce solo il cliente.
Poi il modello abolizionista che non regolamenta la prostituzione e punisce solo certe condotte collaterali (favoreggiamento, induzione, reclutamento, sfruttamento, ecc.). Questo è il caso dell’Italia.
Per finire esiste il modello regolamentarista, che riconosce come lecita l’attività di prostituzione e ne fissa le norme per il suo corretto svolgimento, l’organizzazione e la contribuzione fiscale.
Il Rapporto Censis-Bayer sui nuovi comportamenti sessuali degli italiani evidenzia aumento del numero di partners pro capite (per i quarantenni si raggiungono i 4 in media per le donne ed i 7 per gli uomini. La stessa ricerca di 20 anni vedeva le donne dichiarare un unico partner).
Il dato assolutamente preoccupante è quel 63,3% di italiani, che ha un’età compresa fra i 18 e i 40 anni, che ha avuto rapporti sessuali completi non protetti.
Alla domanda del perché non abbiano fatto ricorso a metodi contraccettivi, le risposte sono state:
- Perché non avevano a disposizione un contraccettivo (22,5%),
- Perché hanno deciso di correre il rischio (18,1%),
- Perché pensavano che la possibilità di una gravidanza indesiderata fosse poco probabile (17,9%)
- Perché il partner ha preferito non usare contraccettivi (15,1%).
Sembra che oggi sia quasi del tutto sfumato l’effetto delle campagne di sensibilizzazione all’uso dei preservativi, che tanto hanno martellato durante gli anni di boom della diffusione del HIV.
Infatti ben un terzo degli uomini ed un quarto delle donne percepiscono l’adozione di qualche forma di contraccezione come una limitazione dell’esperienza sessuale.
Ma forse potremmo definire come il dato più preoccupante proprio quello riferito alle persone che hanno coscientemente accettato il rischio, perché dal rapporto privo di protezioni potrebbe conseguire anche la trasmissione di malattie.
Benché ormai tutti abbiamo in tasca una smartphone con connessione Internet che garantisce un accesso alle informazioni senza precedenti storici, il nostro amato Paese presenta ancora elevati fattori di rischio nel contrarre patologie sessualmente trasmissibili come clamidia, gonorrea, tricomoniasi e sifilide. Sono tutte malattie che possono essere curate piuttosto facilmente in Italia, tuttavia possono avere conseguenze nefaste sullo stato di salute del feto.
E proprio il continuo aumentare della dipendenza da Internet e della fruizione dei contenuti pornografici on-line ci ricordano che la Rete sia sempre un canale di “caccia grossa”, a costo zero che sta creando quasi un’assuefazione al consumo. Quasi fosse una sorta di fast-food del piacere.
Se alle poche delle case chiuse si poteva contare su una selezione anche anagrafica, oggi il darsi appuntamento via social fra sconosciuti è una pratica comunissima anche fra i giovani e giovanissimi. Molto di frequente dopo essersi scambiati intime confidenze e, addirittura, foto e video audaci (sexting) con quella sensazione di avere tutto sotto controllo perché il virtuale ci protegge.
I numerosi episodi di cronaca fanno capire che non è la sola distanza fisica a proteggere l’individuo da comportamenti criminali legati alla sfera sessuale. Basti pensare agli adescamenti compiuti da impuniti pedofili, tentativi di estorsione in cambio della mancata divulgazione dei materiali compromettenti (revenge porn) ed episodi di bullismo.