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Chiusura dei porti aperti, salvataggio non salvataggio, sfilate sulle ong………l’opinione di Rita Faletti

Protagonisti il frastuono, i giudizi avventati da esperti di coloro che esperti non sono, la zuffa permanente tra chi è a favore e chi è contro, l’estremismo del linguaggio. Emblematico il caso della Sea Watch3 con la schiera di attori di primo e secondo piano e le comparse. Carola Rackete, il capitano della nave, la tedesca ricca e “sbruffoncella” che Salvini avrebbe volentieri ammanettato e accompagnato nelle patrie galere, per aver infranto le regole sulla sicurezza di un paese straniero, puntando, senza autorizzazione, dritto verso il porto di Lampedusa.I parlamentari dell’opposizione, Delrio e Furfaro (Pd), l’onnipresente Fratoianni (la Sinistra) e Magi (+ Europa) che per segnare la distanza dal governo salgono a bordo della nave e vi passano la notte. A terra le comparse: i tifosi delle due contrapposte fazioni che attendono la conclusione del match. Una sceneggiata che fa onore al paese, ne sottolinea l’unità e consolida la buona reputazione di cui godiamo in Europa. Ma se uno volesse fregarsene della reputazione e una volta tanto decidesse di agire secondo ragione, comincerebbe a riflettere su come risolvere la questione immigrazione in modo strutturale e definitivo. Per esempio, smettere con la propaganda e le sceneggiate, andare a Bruxelles, chiedere con fermezza la revisione della Convenzione di Dublino, pretendere dai paesi della Ue l’avvio di una efficace operazione congiunta di forze e mezzi navali per contrastare i trafficanti e salvare i profughi. L’immigrazione è una questione complessa e terribilmente seria, più dell’economia, del lavoro, del clima,l’unica che può far ballare la coesione europea. Il fenomeno migratorio è vecchio quanto il mondo. Iniziato  prima ancora che il pianeta ospitasse qualche milione di persone,quando le prime rappresentazioni della terra mostravano ampi spazi bianchi, è una costante nella storia dell’umanità e un generatore di conflitti. Significa scontro più che incontro tra etnie, religioni e mentalità, che non è affatto scontato possano convivere se per convivenza si intenda mescolarsi in modo omogeneo e quasi naturale, per altro difficile anche tra simili.E questo è il primo ostacolo. Un’economia solida e uno stato organizzato con una chiara visione del futuro, è in grado di affrontare il fenomeno migratorio, offrire un’accoglienza adeguata e portare a compimento un processo di integrazione intelligente che si fondi sul rispetto di regole precise da osservare da ambo le parti.E questo è il secondo ostacolo. Maggioranza e opposizione avrebbero il dovere e l’interesse di concordare una linea comune sull’immigrazione, che non fosse messa in discussione da esecutivi nuovi e diversi. E questo è il terzo ostacolo.Così, l’immigrazione rimarrà un problema irrisolto dalle conseguenze disastrose finché non sarà affrontato in maniera scientifica e senza sottovalutare un dato inconfutabile: il declino demografico e l’invecchiamento della popolazione.Gli immigrati potrebbero essere, in parte, una soluzione. Il che non significa avanti tutti, come hanno fatto i precedenti governi fino a Minniti, il quale provvide a regolamentare il flusso migratorio, disciplinò l’attività delle ong e firmò accordi con Serraj per fermare i clandestini. Fu accusato dalla sinistra radicale di disumanità senza che la stessa sinistra fosse in grado di offrire uno straccio di alternativa. Oggi, quella sinistra attacca Salvini e il Partito democratico affonda la linea Minniti e non vota il rifinanziamento della missione internazionale sulle motovedette alla guardia costiera libica. Intanto Serraj, bombardato da Haftar, libera 350 persone dai campi di detenzione. Una ulteriore occasione di business per i trafficanti di esseri umani che continueranno indisturbati a percorrere la stessa rotta attraverso il Mediterraneo centrale, affidando il loro carico alle ong di passaggio o spingendo imbarcazioni di varie misure fino alle nostre coste. Renzi scrive che l’immigrazione non era una emergenza, forse ha dimenticato i numeri, e afferma che, se lo ius soli fosse stato votato, il Pd non avrebbe perso tanti consensi.In verità, c’è il sospetto che la politica delle porte aperte a tutti sia stata una delle ragioni della disfatta elettorale del Partito democratico, altrimenti come spiegare il consenso che sale a favore di Salvini? A sinistra si nota un po’ di confusione che si cerca di nascondere dietro il vecchio schema del tutti uniti contro l’avversario politico. In passato, quello schemaha portato fortuna solo all’avversario. E torniamo al caso della Sea Watch3. La Corte di Strasburgo, mai indulgente con l’Italia, si è espressa con chiarezza: non esisteva un rischio imminente. Carola Rackete non ha salvato naufraghi in pericolo di vita, ha prelevato migranti non esposti a rischi immediati trasbordandoli sulla Sea Watch dalle barche di scafisti che poi si sono dileguati. Sulla stessa linea il cofondatore del partito tedesco dei Verdi, ministro federale dell’Interno dal 1998 al 2005, il quale si chiede se “una organizzazione privata (ong) possa prendere a bordo delle persone in mare per poi costringere un paese ad accoglierle”. E concludo, citando una preghiera di Camillo Langone: “Signore Gesù, perché mai il tuo vicario insiste tanto sull’assistenza a giovani sani, spesso maomettani, anziché ai nostri vecchi malati, quasi tutti cristiani? Signore Gesù, sei stato tu a dire “Chi non è con me è contro di me” e allora perché il tuo vicario vuole riempire l’Italia di persone che sono e saranno contro di te? Chi rappresenta quest’uomo?”.Domande a dir poco insolite, che entrano di prepotenza in un mondo impaurito e tristemente governato dal politicamente corretto che ha fatto del pensiero critico tabula rasa.
ritafaletti.wordpress.com

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8 commenti su “Chiusura dei porti aperti, salvataggio non salvataggio, sfilate sulle ong………l’opinione di Rita Faletti”

  1. Cara Faletti,
    contrariamente a quanto traspare, trovo nel Suo articolo un riuscito esperimento di pacifica convivenza tra idee apparentemente contraddittorie, foriero di integrazioni future possibili, ancorché complesse. Il Suo scritto libera considerazioni sconsolate e deduzioni sostenibili, dà luogo a dubbi e soluzioni al problema dell’esodo incessante di migranti. Genera impeti contrastanti: la voglia di seguire l’istinto di fare a modo proprio e il proposito di superare diplomaticamente lo stallo dell’indifferenza e dell’inerzia. Indica tre insormontabili ostacoli che, volendo, possono trasformarsi in provvidenziali appigli. Salvo poi paventare fantasiosamente il sospetto che trafficanti e ONG combinino curiose staffette cedendosi strani testimoni: i migranti, e collegare le incerte sorti elettorali passate, presenti e future alle politiche delle porte aperte e dei porti chiusi. Da quanto riferisce, la Corte di Strasburgo esprime con chiarezza che “non esisteva un rischio imminente” e che Carola Rackete “non ha salvato profughi in pericolo di vita, ma ha prelevato migranti non esposti a rischi immediati trasbordandoli sulla Sea Watch dalle barche di scafisti che poi si sono dileguati”. Faccio fatica a comprendere in quale accezione siano considerati i termini rischio e pericolo di vita in un contesto di spregevole traffico di vite umane, nelle mani di uomini senza scrupoli, e in precarie condizioni di navigazione. E mi chiedo se trasbordare persone da una barca di trafficanti a una nave di soccorritori, per trarle in salvo e sottrarle a un destino incerto, sia da considerare illecito fiancheggiamento o opera umanitaria.
    Infine e però, mi consenta di ritenere infelice la citazione di un orante opportunista che, come molti, pronuncia parole di Gesù, convenienti alle proprie tesi ed idee, per stravolgere lo spirito cristiano e per usarle come clava contro il pastore della Chiesa da Lui fondata. La conseguenza è il ribaltamento del passaggio conclusivo dell’articolo: il pensiero critico non è appiattito dal politicamente corretto ma dai reiterati tentativi di manipolazione di un mondo inaridito e privo di anticorpi.

  2. @Leprenellaluna
    Capisco le Sue osservazioni che nascono da un diverso sentire. Ritengo però che il buon cuore non risolva i problemi che temporaneamente. La soluzione al problema immigrazione è di là da venire e forse neanche esiste una soluzione. Al netto di perplessità e dubbi del tutto alieni dal sentimentalismo di maniera e dal cattivismo di circostanza, osservo semplicemente la realtà con un occhio alla natura umana, dissentendo dalla teoria rousseauiana del buon selvaggio. Credo di più agli egoismi nascosti che alla bontà esibita. Non mi riferisco a Lei evidentemente. Ciò non significa che tanto vale non fare niente. In quanto alla preghiera incriminata, l’ho riportata intenzionalmente perché esce dal coro dell’ipocrisia generale, e questo mi piace, ma anche in funzione allusiva all’ “abbraccio con l’islam” che l’attuale magistero persegue, secondo il principio di umanità, che vorrei vedere non fosse un valore predicato dalla Chiesa. Però, nell’invito all’accoglienza tout court, che in Bergoglio assume una forte valenza politica, non c’è alcun suggerimento su come governare il fenomeno migratorio. Non mi aspetto che il Papa faccia dei distinguo, ma neanche apprezzo il tentativo di appiattimento e di cancellazione delle identità ai fini di un banale e insulso “volèmose tutti bene”.

  3. Gentile Faletti,
    la vita ci spinge a guardare con occhi disincantati e il buon senso, più che il buon cuore, ci invita a condividere una considerazione di straordinaria attualità del secondo secolo avanti Cristo: “oggi nel mondo tutti sanno occuparsi delle cose accessorie e nessuno sa coltivare i fondamenti; questo è come scartare le radici e piantare i rami” (Manuale del maestro cinese di Huainan). Nessuno è abbastanza folle da immaginare che il problema delle migrazioni sia risolvibile ma è innegabile la possibilità di renderlo sostenibile. Se tanti drammi umani, di interi popoli, si consumano nell’indifferenza generale è perché si vivono dal di fuori come problemi altrui e si considerano inaspettate calamità le conseguenze. Se, nel mondo, ogni singolo Stato avanza avventate ragioni per giustificare la sua inerzia e gli organismi sovranazionali e le organizzazioni intergovernative latitano senza alcuna vergogna è perché i trattati internazionali sono propositi evanescenti e le ratifiche, se esistono, formalità da disattendere con noncuranza. E’ curioso constatare che la globalizzazione ha reso universali gli affari e ridimensionato i confini fisici. All’espansione finanziaria e commerciale si contrappone l’implosione sociale, ampliata da nuove paure e arcaiche mentalità.
    Ma il discorso è lungo e lo spazio ristretto, al punto da rendere arduo e semplicistico ogni tentativo di sintesi.
    Pertanto, spero concorderà sull’assunto che ai problemi dell’umanità, non solo quello delle migrazioni, si risponde con strategie precise e condivise, con unità di intenti e con lo sforzo comune. Politiche di corte vedute, in qualsiasi parte del mondo, ad opera di uomini di Stato che è uno sciupio definire statisti, suggeriscono miserevoli espedienti d’effetto ma inefficaci: filo spinato e muri. Eppure, ieri sembrava che il mondo non dovesse più avere confini, si è andati sulla Luna, si sono esplorati pianeti lontani, e oggi ci si barrica in casa e si sprangano le porte.
    Infine, credo che il Papa faccia, per così dire, il suo “mestiere” esortando a rispettare l’uomo e la sua dignità, a tendere la mano anziché chiudere il pugno, ad accettare gli altri. Questo non vuol dire accogliere senza limiti, sottomettersi ad altre religioni o cancellare la propria identità. E non è compito del Papa suggerire come governare il fenomeno migratorio, se lo facesse si attirerebbe non poche accuse di ingerenza, anzi, se le è attirate per molto meno. Del resto, governare è l’attività prevalente delle persone designate a farlo, anche se l’esercizio del potere ne ottunde spesso le capacità.

  4. @Leprenellaluna
    Facendo parte dell’Unione europea di cui siamo uno dei paesi fondatori, le decisioni su questioni importanti vanno prese di concerto, non unilateralmente e trasgredendo regole che abbiamo concordato, come è avvenuto nella gestione dell’economia con l’effetto di dover fare retromarcia. Il piagnisteo e il vittimismo (è tutta colpa dell’Europa) sono un alibi per nascondere responsabilità che con l’Europa non hanno nulla a che vedere. Lo stesso dovrebbe, e sottolineo il condizionale, valere per il dossier immigrazione, dove non solo i numeri contano, ma contano, sopra tutto, le profonde differenze culturali. Purtroppo, l’Europa, di fronte a questo, si è dimostrata cieca. E’ innegabile che le democrazie occidentali siano distanti anni luce da una visione del mondo teocratica che fa della politica un’ancella della religione. Negli stati arabi di religione musulmana, la sharia è la legge, rimasta invariata da migliaia di anni. Questo fa capire come l’integrazione sia un processo lungo e accidentato la cui conclusione non è implicito sia la convivenza nel segno del rispetto reciproco. Il modello svedese di integrazione e la generosità dello stato sociale di quel paese, che non è secondo a nessun altro nell’Unione europea, dimostrano che la convivenza tra autoctoni e immigrati dai paesi islamici è tutt’altro che pacifica. I musulmani si dimostrano refrattari e resistenti a qualunque tentativo di integrazione. La ragione è semplice: noi siamo gli infedeli che devono sottomettersi. Non è casuale che islam significhi sottomissione. Allora, la domanda è: accettiamo di essere sottomessi? Nei protestanti paesi nordici, campioni di civiltà e di tolleranza, le chiese stanno scomparendo per ragioni diverse: le scarse vocazioni, la progressiva perdita della fede, il proselitismo islamico. Quelle non trasformate in resort o qualcos’altro, diventano moschee, con la benedizione della sinistra progressista con la scusa dell’inclusione e del rispetto del diverso. Dalla Francia e dalla Germania gli ebrei scappano perché si sentono sempre più in pericolo, in Francia gli eroi di oggi sono gli immigrati, in Germania le femministe sono insultate e accusate di islamofobia perché criticano il velo. A una conferenza sul tema, l’antropologa che dirige il Centro di ricerca islamico dell’Università di Francoforte, ha detto: “Se la libertà di espressione non è più possibile, allora questa è la fine di una società democratica libera”. Come non essere d’accordo? Quindi sì alle decisioni comuni, ma mai a condizione di doversi sottomettere, neanche se fosse il Pontefice a chiederlo. E poi, perché inchinarsi, nella nostra Europa, alla prepotenza di chi, nei propri paesi, non disdegna il ricorso alla violenza fanatica dell’intolleranza nei confronti dei cristiani?. Sono per la reciprocità e per non porgere l’altra guancia, mai.

  5. Gentile Faletti,
    grazie della Sua attenzione.
    Più volte ho avuto modo di commentare sul tema del fenomeno migratorio e ho sempre sostenuto, nel mio piccolo, la necessità di regolamentarlo seriamente, con politiche che trasformino il problema in risorsa. Per far ciò occorre uno sguardo ampio, attraverso il quale armonizzare l’aspetto economico e sociale nel lungo periodo anziché seguire l’istinto dello sguardo corto per turare affrettatamente le falle e fronteggiare costantemente l’emergenza. Ma, nella Sua seconda replica, mi pare che ci si sia allontanati dal tema guardando al problema come a un temibile scontro di civiltà e a una guerra di religione incombente. E, sempre a parer mio, questa nuova traiettoria ha il merito di svelare lo smarrimento dell’occidente, che ha smesso da tempo di credere in se stesso e nei suoi valori. Per fare un esempio a noi più vicino: che cosa sono le reticenze dell’Europa se non la timida espressione di ingiustificabili paure? Paure che si tenta di esorcizzare voltando la faccia e, alla ricerca di consolazione, guardando all’illusorio sogno del gigante asiatico, che allunga il suo passo sicuro verso un’egemonia incontrastata, costruita sulle macerie delle democrazie e dei diritti umani. In fondo, anche in Occidente è in atto una migrazione epocale, che non mira a porti di pace ma al surrogato di quel benessere che non si è più in grado di costruire.

  6. Condivido il pensiero della signora Faletti, mentre non sopporto l’ottusità di tanti italiani che non si accorgono come il “capitano” pensa a fare accordi con Putin e la russia per meri interessi, di fatto tradendo l’U.E., la NATO ed i nostri alleati, non sopporto che nessuno si accorge come da anni Salvini è impegnato a difendere la russia contro l’Europa, chiedendo e supplicando la fine delle sanzioni contro la Russia, mentre non ha speso un solo minuto per cercare di difendere i nostri interessi, ad esempio la suddivisione degli immigrati che arrivano nelle nostre coste in tutti gli stati europei. Non sopporto che gli italiani non vedano queste assurdità e lo seguono ottusamente senza chiedere conto e ragioni addormentati dalle sue campagne d’odio. L’Italia è vittima dell’ignoranza della sua popolazione, purtroppo.

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