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Modica, folclore religioso e consapevolezza cristiana.. riceviamo e pubblichiamo

Correvano gli anni della cosiddetta contestazione giovanile, era la fine degli anni sessanta, e fra i tanti dibattiti e le tante contestazioni che si aprirono all’interno dei partiti politici e della scuola ai vari livelli, in qualche parrocchia della nostra cittadina si aprì il dibattito sulla opportunità o meno di conservare la rappresentazione folcloristica delle feste “religiose” che ci venivano tramandate.
Allora, ricordo, facevo parte di un numeroso gruppo di giovani che con convinzione e da subito avevano raccolto e fatto proprio il messaggio della opportunità di un graduale ridimensionamento delle varie rappresentazioni folcloristiche attorno alle figure dei Santi tramandati dalla nostra tradizione. Veniva spesso raccontato, fra l’altro, che negli anni precedenti nella nostra città si accendeva addirittura una disputa, talvolta feroce e con conseguenze drammatiche, fra sostenitori di San Giorgio e di San Pietro, chiaramente frutto di un campanilismo becero e che non poteva avere riscontro con la centralità del Vangelo.
Erano altri tempi, il livello culturale non solo della gente comune ma, probabilmente, anche del clero era di gran lunga al di sotto di quello delle generazioni succedute alla seconda guerra mondiale, per il semplice fatto che il livello della scolarizzazione da allora rispetto ai nostri giorni si era alzato a dismisura. Infatti, per questa nuova realtà sociale, più acculturata e preparata alla riflessione e, quindi, al dibattito, in quel gruppo di giovani il terreno era già fertile e pronto a raccogliere l’essenza del messaggio di Cristo, sgombrato e ripulito a dovere di una vecchia ed estemporanea tradizione clericale.
Non furono tempi facili perché anche in quella occasione il dibattito non fu semplice e non fu accolto da tutte le parti in questione: noi giovani pronti a raccogliere il nuovo messaggio e gli anziani che di quel dibattito ne presero le distanze fino ad arrivare ad uno scontro duro, per quanto civile.
Allora la nostra convinzione, manifestata con entusiasmo e determinazione, era quella di ritenere tutte le feste cosiddette “religiose” soltanto manifestazioni folcloristiche, che non avevano assolutamente niente da vedere con il messaggio del Vangelo di Cristo. Piuttosto, erano e, purtroppo, ancora oggi sono appuntamenti fuorvianti rispetto alla centralità del messaggio evangelico e che di conseguenza non aiutano il popolo di Dio a seguire la via retta per la presa di coscienza di quella centralità.
L’occasione di questa mia riflessione mi è stata data dalla constatazione della sempre più alta e progressiva partecipazione di gente alla festa di San Giorgio (che per partecipazione da parte di qualcuno viene paragonata alla festa di S. Agata di Catania, come ho letto dal commento di un recente articolo della redazione del giornale on line di RTM) e con profonda umiltà e con il rispetto dovuto (riconosco di non possedere la verità assoluta) mi chiedo e chiedo se quella parte del clero che sostiene queste forme di pseudo religiosità si ponga il dilemma della necessità di sostenerle e se servono alla crescita e alla presa di coscienza del popolo di Dio.
La mia sensazione resta sempre la stessa, da cinquant’anni a questa parte, ed è che queste feste paesane (tra l’altro tipiche della “sensibilità” di noi meridionali) distolgono l’attenzione dalla centralità del messaggio evangelico e non servono assolutamente ad avvicinare il popolo di Dio a comprenderne la sostanza, anzi. Certamente servono a qualche amministratore locale che delle feste e sagre paesane ne fa l’uso improprio per la raccolta del solito e volgare consenso elettorale, sbandierandole come momento culturale, quando di cultura non ce n’è neanche l’ombra.
L’unica categoria che, per quanto mi riguarda, ne trae un giusto e meritato riscontro è quella dei commercianti e degli artigiani; ma per creare tali occasioni di guadagno un amministratore illuminato non userebbe tali manifestazioni, piuttosto organizzerebbe appuntamenti di tutt’altro livello culturale. Chiaramente, ognuno dà quello che può, non quello che non ha!
Forse bisognerebbe tornare indietro negli anni e sperare in un risveglio delle sensibilità e del senso civico, perché i nostri tempi rispetto al passato recente rappresentano una società nella quale ai giovani di oggi non è concessa l’opportunità di discutere all’interno dei partiti, dei sindacati, forse neanche all’interno delle stesse scuole, men che meno all’interno delle comunità parrocchiali.
Noi non avevamo, quando eravamo giovani e neanche oggi che non lo siamo più, la verità assoluta, ma c’era qualcuno che nei partiti, nelle scuole, nelle parrocchie e in qualsiasi realtà sociale ci sollecitava a discutere, a pensare e ad arrivare alle nostre conclusioni. Oggi la maggior parte della gente di tutte le età si lascia trascinare dalla (sub)cultura del consumismo, dall’individualismo e da un immobilismo che porta ad accogliere chiunque è pronto a pensare e ad agire al posto tuo. Ma questo è un altro discorso!
Oggi mi pongo e pongo questa domanda: la Chiesa, intesa come comunità costituita dal clero e dal popolo di Dio, ha tutt’ora l’esigenza di fare proselitismo attraverso le manifestazioni folcloristiche oppure le accetta e le subisce supinamente alla Don Abbondio perché non ha il coraggio delle proprie idee? A me hanno insegnato, ed io ci credo fermamente, che la Grazia è un dono gratuito e che, quindi, viene concesso a prescindere e senza il bisogno di giochi pirotecnici, di sfilate e di rappresentazioni folcloristiche di memoria pagana.
Al momento non ho altro da aggiungere se non che gli interrogativi che ho posto, spero con segnali di umiltà e provocazioni propositive, possano servire a riaccendere un dibattito forse interrotto cinquant’anni fa ed ancora non chiuso.
Gianni Iacono

fo giovanni antoci

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2 commenti su “Modica, folclore religioso e consapevolezza cristiana.. riceviamo e pubblichiamo”

  1. Il folclore religioso chiaramente non c’entra niente con il messaggio evangelico, ma fa pur sempre parte della nostra sub(cultura) d’altra parte non siamo tutti teologi e nemmeno inquisitori.

  2. Giuseppe Di Gregorio

    Grazie per questo articolo Gianni Iacono. Purtroppo è quello che penso pure io. Tuttavia c’è una cosa che mi ha come stupito. Vedere la gente popolare le strade e in un’epoca iper individualista non è poco. Mi ha anche commosso drammaticamente vedere tanta gente attendere (forse per i fuochi d’artificio?) la statua di San Giorgio fino a mezzanotte. Se attendessimo così, con il cuore, Gesù sarebbe veramente un mondo diverso.

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