
Da settimane spiego le ragioni che hanno costretto il Governo Conte a dover bloccare il corso amministrativo dei finanziamenti già assegnati da Renzi. Oggi Calabrese e Chiavola, con notevole ritardo e diffondendo bugie, si svegliano dopo essere stati in vacanza, e attaccano me e il M5S con l’arte della “menzogna più verosimile”. E’ uno sport certamente delicato, un’attività fisica ed intellettuale che obbliga a percorsi politici incredibili, una disciplina sportiva che coinvolge la mente e la parola ma che, allo stesso tempo, non contempla l’amor proprio né la tutela del proprio pudore. Anzi, meno ne hai, meno se ne mette in campo e più alte sono le probabilità di temporanea ed illusoria vittoria personale. E’ l’onorevole Stefania Campo a rispondere agli attacchi del Pd ibleo.
Nessun deputato del PD parla della sentenza n. 74 del 2018 della Corte Costituzionale. Eppure, per tantissimi altri casi, le forze politiche oggi all’opposizione non fanno altro che appellarsi al “rispetto della carta costituzionale”, all’equilibrio fra i poteri costituzionali, al rispetto delle sentenze e degli organi che le emettono. Perché, ci domandiamo, la stessa cosa non vale in questo caso? E cioè proprio nei casi in cui la Corte Costituzionale, tramite proprie legittime ed autonome sentenze, da limpidamente torto all’ex presidente del consiglio Matteo Renzi e allo scorso governo?
Ma il punto non è di certo questo; gli esponenti politici, cosiddetti “democratici”, sanno benissimo cosa dice la sentenza di cui sopra, e che in un articolo della legge n. 232 dell’11 dicembre 2016 (art. 1, comma 140, del Bilancio di previsione dello Stato, anno finanziario 2017, e Bilancio pluriennale, triennio 2017-2019), che istituiva un apposito fondo per assicurare il finanziamento degli investimenti e lo sviluppo infrastrutturale del Paese, a parere della Corte, è stato calpestato il principio di costituzionalità. Lo sanno! E se non lo sanno allora è tutto ancor più grave, perché dimostrano che non hanno approfondito o non hanno proprio capito. C’è da decidere, pertanto, se sia più grave il perseverare nella menzogna o il vivere nell’ignoranza e nella negligenza.
La sentenza difatti, prosegue Campo, nasce da un ricorso del febbraio 2017 inoltrato dalla Regione Veneto secondo la quale il Fondo sarebbe destinato a finanziare programmi, ovvero progetti, che intervengono direttamente su competenze inerenti le Regioni, senza però prevedere alcun coinvolgimento delle Regioni stesse, determinando così la violazione degli articoli 117, 118 e 119 della Costituzione, nonché del principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 120 della stessa.
Ma l’accusa più grave rivolta al governo Renzi, confermata dalla sentenza della Corte Costituzionale, sta chiaramente nell’aspetto assolutamente “discrezionale” nell’assegnazione dei finanziamenti. Infatti la Regione Veneto mette in chiaro, nel ricorso presentato, che: “la mancata previsione di un’intesa con le Regioni stesse potrebbe ingenerare la prassi di assegnazioni di risorse economiche non solo sganciate dalle reali esigenze dei territori in cui le infrastrutture vengono realizzate, ma anche in difetto della necessaria trasparenza che deve accompagnare le scelte statali di investimento nei territori: una determinata realtà territoriale può infatti risultare favorita e un’altra penalizzata in forza di una discrezionalità politica destinata a rimanere oscura per l’insieme delle Regioni”.
Questi aspetti non sono di poco conto! Non possono essere considerate delle iatture, delle quisquilie giuridiche. In questi aspetti sta tutta la prospettiva della politica quotidiana. Un governo democratico, un governo che si relazioni orizzontalmente con le amministrazioni decentrate non può comportarsi in maniera discrezionale, non può di certo favorire un territorio al posto di un altro, non può assegnare risorse senza un principio privo di favoritismo politico-governativo.
D’altronde è stata proprio la Corte Costituzionale a sentenziare la “illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 140, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017 e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019), nella parte in cui non prevede un’intesa con gli enti territoriali in relazione ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri riguardanti i settori di spesa rientranti nelle materie di competenza regionale”. Non è di certo Giuseppe Conte, il governo attuale o la nuova maggioranza politica ad aver combinato questo pasticcio. O ancora qualcuno crede alle favole di Renzi e di certi suoi esponenti, disseminati nei piccoli territori di provincia, come fedelissimi kamikaze?
Ebbene, chiariamo, pertanto, che non si perderà alcun finanziamento, tantomeno quello relativo alla nostra Metroferrovia, osteggiata, dimenticata, accantonata per decenni, e che, solo ora, i soliti professionisti di turno vorrebbero cavalcare politicamente, paradossalmente tradendosi, dimostrando, questo sì, quanto discrezionali siano state le strade che hanno portato all’assegnazione del finanziamento stesso.
La Metroferrovia non avrà alcun “padrino d’onore”, nessun santo in paradiso, o dentro il palazzo, da ringraziare in ginocchio; nessun politico potrà, e dovrà dire che è merito suo. La Metroferrovia apparterrà alla città di Ragusa, ai ferrovieri che ci hanno creduto, ai primissimi promotori che hanno sognato in solitudine quando tutti gli altri dormivano sonni senza memoria