Il processo di ispirazione sociale della poesia quasimodiana costituisce un elemento di caratterizzazione anche della raccolta “Il falso e vero verde”, ove si fanno strada ulteriori sviluppi di riflessione che organizzano il contenuto poetico attorno a nuclei tematici che richiamano, fra l’altro, la morte, gli orrori di Auschwitz, i fratelli Cervi, i caduti di piazzale Loreto, etc… Il poetare di Quasimodo, che vediamo nella foto mentre viene accolto, nel 1962, nell’aula consiliare del Comune di Modica dal sindaco del tempo, Saverio Terranova, si veste progressivamente di nuovi motivi etici e sociali, che gli attirano le antipatie di tanti intellettuali del suo tempo e di critici che allestiscono giudizi con chiari intenti di stroncatura.
D’altronde era naturale che la poesia di Quasimodo, nel momento in cui abbracciava tematiche civili e sociali, suscitasse polemiche nel quadro delle varie tendenze ideologiche del suo tempo, sicché sottrarsi al veleno dei giudizi doveva risultare quasi impossibile.
Ci piace riportare un testo de “Il falso e vero verde”, e precisamente la lirica “Ai fratelli Cervi, alla loro Italia”, in cui risaltano nobili e alti valori della poesia quasimodiana:
In tutta la terra ridono uomini vili,
principi, poeti, che ripetono il mondo
in sogni, saggi di malizia e ladri
di sapienza. Anche nella mia patria ridono
sulla pietà, sul cuore paziente, la solitaria
malinconia dei poveri. E la mia terra è bella
d’uomini e d’alberi, di martirio, di figure
di pietra e di colore, d’antiche meditazioni.
Gli stranieri vi battono con dita di mercanti
il petto dei santi, le reliquie d’amore,
bevono vino e incenso alla forte luna
delle rive, su chitarre di re accordano
canti di vulcani. Da anni e anni
vi entrano in armi, scivolano dalle valli
lungo le pianure con gli animali e i fiumi.
Nella notte dolcissima Polifemo piange.
Qui ancora il suo occhio spento dal navigante
dell’isola lontana. E il ramo d’ulivo è sempre ardente.
Anche qui dividono in sogni la natura,
vestono la morte e ridono i nemici
familiari. Alcuni erano con me nel tempo
dei versi d’amore e solitudine, nei confusi
dolori di lente macine e di lacrime.
Nel mio cuore finì la loro storia
quando caddero gli alberi e le mura
tra furie e lamenti fraterni nella città lombarda.
Ma io scrivo ancora parole d’amore,
e anche questa è una lettera d’amore
alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi
non alle sette stelle dell’Orsa: ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d’amore nel silenzio.
Non sapevano soldati filosofi poeti
di questo umanesimo di razza contadina.
L’amore la morte in una fossa di nebbia appena fonda.
Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,
non per memoria, ma per i giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di macchine di sangue.
Questo testo poetico poggia su un’antinomia che contrappone due modi di concepire la vita: da una parte vi sono gli uomini vili, i cinici, gli affaristi, i “conquistatori” e, dall’altra, coloro che amano la propria terra, la propria patria e per esse si battono con coraggio e semplicità.
Nella prima categoria Quasimodo include anche “prìncipi, poeti, che ridono il mondo / in sogni, saggi di malizia e ladri / di sapienza”; la sferzata è molto dura e forte e sottolinea come in queste figure si nasconda, dietro l’apparente sapienza, viltà e malvagità, nonché la capacità di trasformare la realtà in stolte fantasie (“…ripetono il mondo in sogni”) .
E anche gli stranieri invasori mostrano il passo di gente che ride, e, sicuri della forza delle armi, “bevono vino e incenso alla forte luna / delle rive, su chitarre di re accordano / canti di vulcani… scivolano dalle valli / lungo le pianure con gli animali e i fiumi”.
Contro la bassezza morale di certi uomini, per la quale Quasimodo prova sdegno e indignazione, rifulge il coraggio di persone che hanno saputo spendersi per la propria patria. E’ il caso dei sette fratelli Cervi, uomini di origini contadine, che si misero in luce nella lotta antifascista manifestando tutta la loro coscienza civica ed ospitando nella loro casa partigiani e prigionieri alleati.
Quasimodo vede in questi fratelli le caratteristiche essenziali e fondamentali dei veri uomini: liberi, impegnati, onesti e coraggiosi. Uomini che non ebbero paura di manifestare pubblicamente il proprio pensiero, le proprie convinzioni sociali, e che divennero protagonisti del loro tempo con la testimonianza coraggiosa delle loro idee: anche a costo del martirio. E difatti, il 28 dicembre del 1943, al Poligono di tiro di Reggio Emilia vennero fucilati da un plotone di esecuzione fascista.
C’è, dunque, nella lirica un’esaltazione del patriottismo, inteso non come adesione acritica e conformista, ma come affermazione di valori umani e civili in difesa della patria, con conseguente condanna di tutto ciò che ne offende l’immagine e la vita. Non è la cultura astratta, distaccata dalla vita che aiuta la società a crescere, ma l’amore eroico per il fratello e la propria terra, proprio come quello dimostrato dai fratelli Cervi, i quali “avevano nel cuore pochi libri”, ma “morirono tirando dadi d’amore nel silenzio”. Per questo, conclude Quasimodo, rivolgendosi ai sette martiri, “Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, / di pudore, non per memoria, / ma per i giorni che strisciano tardi di storia, / rapidi di macchine di sangue”.
In altri termini, il poeta si rammarica del fatto che testimonianze di questo genere appaiono di rado nella storia e che, al contrario, si moltiplica velocemente il processo di crescita degli strumenti che apportano morte (“macchine di sangue”) .
Tetra e agghiacciante si rivela la descrizione della lirica “Auschwitz”, dove già i primi versi quasimodiani sembrano scandire il ritmo del dolore all’interno di un “campo di morte” dall’immagine desolante e straziante: la pioggia che “fredda, funebre”, scivola sulla ruggine dei pali / e i grovigli di ferro dei recinti”; “l’aria grigia”, senza un albero o un uccello che possano interrompere la vista.
E ancora, nei versi successivi, il quadro diventa sempre più buio e lugubre, allorquando il canto del poeta mette in luce il dramma di uomini, donne e bambini che combattono tra la morte e la vita: “migliaia di donne spinte fuori / all’alba dai canili contro il muro / del tiro a segno o soffocate urlando / misericordia all’acqua con la bocca / di scheletro sotto le docce a gas… .”
Quasimodo evoca la morte per “dire un no alla morte” e riaffermare il valore della vita, dell’amore e della pace; il realismo descrittivo della lirica risente del dolore e della compartecipazione del poeta, che piange nel suo cuore, soffre per quei morti trucidati barbaramente in quel “campo di morte” provocando una ferita insanabile all’intera umanità.
Nel leggere questi versi de “Il falso e vero verde” ci viene veramente difficile poter ravvisare in essi una sorta di pura “eloquenza civica”, od “oratoria” di occasione o, ancora, un’opportunità di esercizio letterario o di “artificio etico”; la nostra impressione ci porta su altri orizzonti, i quali ci offrono un sentire quasimodiano sincero e fortemente segnato dal dolore; Auschwitz non poteva essere sfruttata per una esercitazione letteraria sulla morte, o, peggio ancora, per suscitare forme di pietismo nel lettore. Quasimodo è ormai il poeta incarnato pienamente nella storia del suo tempo e dalla storia trae linfa per la sua attività poetica; le immagini della sua poesia battono sul cuore dell’uomo, per usare le sue stesse parole, più della storia e della filosofia.
4 commenti su “Viaggio intorno a Quasimodo a 50 anni dalla morte… di Domenico Pisana. I motivi sociali ed etici della poesia di Quasimodo nella raccolta “Il falso e il vero verde”/8”
Esiste una pagina più chiara ed esaustiva sull’esistenza umana di quel distillato di saggezza e verità che è “Ed è subito sera”? Qualcuno risponderà “Mattina”. Ma nel trascendente c’è ben poco di umano.
Tanti ultimamente si stanno interessando del massone Quasimodo .
Al punto di dedicargli la loggia 1522 in Modica .
BAH ! ! ! ? ? ?
perché fu l’ideatore delle scie chimiche…insieme ai Curie…
@ italo :
O è piccolo il vaso , o scuppasti a testa !
Lascia stara la Chimica-Fisica e la Fisica-Quantistica a chi ha macinato anni sui libri . . .