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L’osservazione dal basso di…Direttore. “La notte nazionale dei licei classici”: il valore della cultura classica nel nostro tempo

Il 12 gennaio si celebra in Italia “La Notte Nazionale dei Licei Classici”, una manifestazione promossa dalla rete scolastica dei Licei Classici italiani, nata da un’idea del professore Rocco Schembra del Liceo “Gulli e Pennisi” di Acireale, con lo scopo di rilanciare l’attualità dell’antico e degli studi classici grazie al coinvolgimento di circa 400 licei su scala nazionale, promuovendo il valore della cultura classico-umanistica nel nostro tempo. E questa iniziativa cade nel periodo in cui le scuole sono impegnate nell’orientamento e in Italia si apre il via ufficiale all’iscrizione degli studenti nei vari ordini e gradi scolastici. Le domande che spesso sorgono nelle famiglie e negli studenti sono le seguenti: ha ancora senso scriversi al Liceo classico? Il Liceo classico è ancora attuale?  Che ruolo gioca la cultura classico-umanistica nella formazione delle generazioni di oggi e in prospettiva di un futuro lavorativo?

Sono domande importanti alle quali cercheremo di dare delle risposte , così da attenuare quella precomprensione esistente verso il Liceo classico e consolidatasi nell’ idea che tale indirizzo non serva e che non sia più necessario per conoscere la realtà e il mondo: ciò che serve – si afferma – a far progredire la società sarebbe la scienza, la tecnica, l’informatica, l’economia, non l’umanesimo, che ha detto tutto e che oggi non avrebbe più nulla da dire.

E’ comunque vero che, nonostante la precomprensione evidenziata, il Liceo classico continua a suscitare un fascino particolare in tutte quelle persone che lo hanno frequentato e che lo ricordano come scuola di grande livello culturale. Anche chi scrive ha frequentato studi classici e resta fermamente convinto che nell’attuale civiltà consumistica, nella società dell’uomo oeconomicus, dell’homo faber, dell’homo ludens, scegliere un indirizzo di studi classici significa avere la possibilità di avviarsi verso qualsiasi percorso universitario, con la possibilità di avere spirito critico, ampia apertura mentale e sensibilità estetica e scientifica. La vera questione che oggi dovrebbe  essere posta al centro degli studi classici, è la didattica delle lingue classiche, atteso che  è diffusa l’idea che per i giovani è più importante lo studio di lingue moderne, che possono spendersi nella vita, piuttosto che passare il tempo a fare versioni di latino e greco senza alcuna possibilità di parlare nessuna di queste due lingue definite “morte”.
Il valore e la  didattica delle lingue classiche

 

Quale didattica delle lingue classiche è, allora, la domanda centrale! Credo che ritenere utili le lingue moderne e superate quelle classiche sia una aporia da evitare. Se questo accade, è perché si confondono il latino e il greco con la grammatica; gli alunni che si iscrivono al Liceo classico, non sono infatti più posti, come accadeva negli anni ’60-70, di fronte ad un astratto grammaticalismo, ma di fronte  a due discipline ove è possibile entrare nella costruzione di pensieri, racconti, notizie storiche, insomma di fronte a dimensioni della vita che ancora oggi hanno un rilevante valore di senso.

“Il latino, diceva Germano Proverbio, docente di Didattica delle lingue classiche nell’Università salesiana di Roma e nell’Università di Torino,  non è la grammatica, con tutte quelle pagine di paradigmi e di regole con le relative eccezioni e le eccezioni delle eccezioni. Allora bisogna studiare meno grammatica e più latino, che è quanto dire: invece di sudare sulle regole, mettiamoci a leggere il latino, quello vero, che hanno scritto i Romani  in Roma antica. Lì troveremo tutte le regole che vogliamo, praticate e rispettate a dovere(…)E poi troveremo quello che nelle grammatiche non c’è affatto: un pensiero, un racconto, un episodio, una notizia storica, un po’ di vita insomma…”(cfr. vitulus.altervista.org/serve-latino/.)

 

 

Se il Latino e il Greco diventano insegnamenti sclerotizzati della loro “ratio studiorium”, allora si fa davvero un vero torto a queste discipline, che vengono, così, pensate dagli studenti e dalle loro famiglie come non necessarie; se invece vengono inquadrate all’interno di un dibattito sul senso e sul ruolo che ha l’antica classicità nella civiltà moderna  e su qual è la pertinenza e l’efficacia che hanno nel mondo di oggi, il discorso diventa molto diverso,  più interessante e coinvolgente sul piano della formazione degli studenti.

Il concetto di “classico”, insomma, non va oggi letto in termini di mero valore paradigmatico o di elitarismo, di indirizzo per anime elette , né collocato in un quadro di conservazione di un passato ormai inutile; piuttosto occorre parlare di “vicinanza” – direbbe Italo Lana – del classico a noi, come affine ai problemi dell’esistenza, fossero essi politici, sociali o morali.

Il Latino e il Greco non sono dunque da indentificare con la grammatica, né con il concetto di regole e di traduzione, né  si studiano per essere parlate come l’inglese, il francese o lo spagnolo; non bisogna cercare in queste discipline un’utilità pratica e immediata, ma la   “weltanschauung” , cioè la visione del mondo e dell’uomo che  sin dall’antichità esse hanno offerto e continuano ad offrire  sul piano dell’antropologia, del diritto, dell’economia, della storia antica, dell’archeologia, della storia dell’arte, della religione e della filosofia antica.

Se si parte dall’idea che una disciplina vale solo se immediatamente verificabile in un situazione di concretezza sul piano della realtà sensibile e lavorativa, credo che si possa abolire anche la scuola. La cultura classica è molto necessaria nel mondo relativistico e globalizzato in cui viviamo, perché quando si leggono i classici, quando ci si addentra nel patrimonio culturale del mondo greco-latino o in grandi opere antiche, come l’Iliade e l’Odissea, si trovano delle conoscenze, si trovano delle cose profonde e non banali che  fanno crescere, che riescono a suscitare delle domande e ad offrire degli stimoli che ci permettono  di capire meglio anche il mondo in cui viviamo.

Sarebbe sciocco difendere la cultura classico-umanistica  per finalità conservative o nostalgiche, al contrario, essa è  una urgente esigenza del nostro tempo perché le nuove tecnologie, i social media e il web, gli aspetti scientifici e tecnologici  della società di oggi, sicuramente ricchi di valorialità e positività, stanno rischiando di far scivolare la scuola in una sorta di scientismo fine a se stesso, con il conseguente rischio di costruire tecnici robotizzati anziché persone e uomini capaci di senso critico e di riferirsi a significati e orizzonti umani e trascendenti  più ricchi e consapevoli.

Scegliere il Liceo classico non significa scegliere  un insegnamento scolastico  attento solo al passato, ma  credere che l’attualità non è facilmente comprensibile senza un riferimento alle sue radici e alle sue ragioni storiche.  Questo, nei licei classici, vale del resto anche per lo studio delle discipline scientifiche, come la fisica ad esempio. A che servirebbe lo studio della  “Teoria della relatività speciale” di Einstein, che ha operato una svolta determinante nella Fisica, se gli studenti non capissero come le teorie einsteiniane abbiano straordinariamente influito nella quotidianità dell’uomo del nostro tempo, specie quando questi si trova ad usare Dvd o CD, a fotocopiare documenti o a fare fotografie con una camera digitale, o a misurare il tempo con elevata precisione, nonché ad attraversare una porta che si apre automaticamente. La fisica, con gli studi di Einstein, non è dunque un semplice patrimonio scientifico del passato da conoscere, ma una disciplina con una  “vicinanza” straordinaria nel quotidiano dell’uomo, grazie al suo  avanzamento tecnologico e al suo sviluppo applicativo di notevole consistenza, che, pertanto, non possono passare inosservati nella formazione degli studenti.

Allo stesso modo, servirebbe a poco studiare le lingue classiche in termini di sole regole e di applicazione di esse, senza far comprendere che esse  costituiscono in sé un valore basilare nella formazione di uomini e cittadini in quanto offrono a tutt’oggi la possibilità di avere accesso immediato alla bellezza nelle sue varie forme espressive rispetto  all’urto caotico dell’innovazione tecnologica. La tecnologia, il web, i social, che tanto spazio hanno nella scuola e che  puntano sull’efficienza, la velocità, la sintesi e il copia e incolla, non possono soppiantare la bellezza del pensiero, che è analisi, senso critico, lingua, linguaggio, parola,  umanità,  simpatia e compassione, spiritualità e trascendenza, libertà e sentimento,  tutti elementi che muovono le scelte etiche di un popolo   E se, in questi ultimi anni, la scuola  non è riuscita a far passare questo messaggio e a dare la chiave giusta agli studenti per accedere a questa esperienza di bellezza, non è una buona ragione per metterne in discussione l’esistenza e il valore.

La scelta degli studi classici, dunque, con la loro dimensione valoriale costituisce sicuramente una possibilità di grande respiro formativo in un tempo come quello di oggi, fortemente esposto al rischio di una tecnocrazia che ama guidare molti consumatori e pochi cittadini. E la società di oggi ha bisogno non di tecnici, ma di persone pensanti formati alla bellezza dell’umanesimo per usare la tecnica e metterla a servizio dell’uomo.

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2 commenti su “L’osservazione dal basso di…Direttore. “La notte nazionale dei licei classici”: il valore della cultura classica nel nostro tempo”

  1. Rosa Chiricosta

    Bellissimo articolo sulla eterna attualità dei classici che, per continuare a veicolare il pensiero universale che contengono, è necessario che possano continuare ad essere letti dalle generazioni che verranno. Già basterebbe questa semplice constatazione per fare l’impossibile perché l’insegnamento delle lingue classiche non scompaia dal panorama dei nostri indirizzi di scuola secondaria, almeno, di secondo grado! Ma c’è anche molto altro come è ampiamente chiarito nell’articolo: aggiungerei solo che, già da anni, il metodo e l’approccio con le lingue classiche è cambiato , adattandosi, giustamente , al fatto ormai assodato, che la produzione di una lingua non più in uso, non abbia ragione d’essere, ma resta l’importanza dell’esercizio che consente di prendere consapevolezza con la struttura morfosintattica e con la valenza semantica e lessicale, che fa da supporto anche alle lingue in uso che , lungi dall’essere ” altre” sono la naturale e ” fisiologica” continuazione , con relativa e organica trasformazione , di quelle ( Latino e greco), nelle quali affondano le radici dell’intera cultura occidentale.

  2. La scelta del Liceo Classico è una scelta di cultura e di eccellenza nell’ambito della formazione della personalità e dello sviluppo del pensiero. Lo è stato nel passato quando il Greco e il Latino, insieme con la Filosofia, venivano considerati, a ragione, fondamentali per la conoscenza del mondo e dei valori alla base della nostra civiltà. E non solo. Lo studio delle lingue classiche, ritenute qualcosa di sterile da chi tratta con particolare riguardo la scienza e la tecnologia, nulla da togliere a nessuna delle due, sia ben inteso, implicava la traduzione. Era un impegno non da poco se ti trovavi di fronte a brani complessi ( penso a Tucidide ) non solo dal punto di vista linguistico, ma anche rispetto al “filo logico” che percorreva il brano in tutta la sua estensione. Ricordo il “sudore” che costava a me e ai miei compagni e la gioia di “aver capito”. Erano momenti di vera passione, forse difficili da comprendere oggi, ma avevamo il privilegio e la fortuna di essere guidati da “maestri” competenti e appassionati. Erano gli ultimi dinosauri di cui non è rimasta impronta. Forse qualche mosca bianca guardata con stupore rimasta a testimoniare che il tempo non ritorna. La società è cambiata e gli insegnanti non sono chiamati a istruire, educare e addestrare, ma a fare altro. Buon 2018 a tutti gli insegnanti che amano il loro lavoro!

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